Buchi neri: misurata la velocità di rotazione di uno dei “mostri” della Via Lattea

I buchi neri sono sempre meno misteriosi: un gruppo di ricerca di Harvard ha misurato la velocità di rotazione di uno della nostra galassia

I buchi neri sono sempre meno misteriosi: un gruppo di ricerca dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Usa) è riuscito a misurare la velocità di rotazione di uno di quelli che popolano la nostra Via Lattea con un’alta precisione stimata. Un tassello in più verso la conoscenza dell’Universo che ci circonda e nel quale siamo nati.

Si trova proprio nella nostra galassia ed era stato chiamato dagli astronomi con la sigla 4U1543-47. Diversi i tentativi precedenti di stimarne la velocità di rotazione, che però avevano prodotto risultati discordanti perché l’incertezza delle misure risultava sempre eccessiva rispetto al dato, considerato quindi inaffidabile.

Ora gli astronomi di Harvard hanno analizzato accuratamente spettri e algoritmi di modellazione aggiornati, riportando la rotazione a dimensioni intermedie rispetto alle precedenti, di entità moderata e stabilita con un livello di confidenza del 90%.

Finora sono veramente poche le misure affidabili di questo tipo, per cui il nuovo risultato è un fondamentale passo in avanti verso la conoscenza dell’Universo.

Ma perché i buchi neri sono così importanti per gli studi sull’origine del cosmo?

L’Istituto di Harvard, solo qualche settimana prima, aveva annunciato di aver fatto luce su come i buchi neri crescono nel tempo e gli autori del lavoro, pubblicato su The Astrophysical Journal, spiegavano come la modalità e la velocità di rotazione influenza il loro accrescimento, un meccanismo fondamentale per l’evoluzione della galassie.

Il tassello si unisce allo studio pubblicato qualche giorno fa che sostiene la presenza di almeno 30 civiltà aliene nella Via Lattea.

E chissà che non siamo veramente vicini a rispondere alle domande esistenziali dell’uomo “Come siamo nati?” e “Siamo soli nell’Universo?”.

L’ultimo studio di Harvard, comunque, non è stato ancora pubblicato.

Fonti di riferimento: Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics via Phys.org  / Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics / The Astrophysical Journal

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