Scoperte 6 galassie intrappolate nella rete di un mostruoso buco nero

I buchi neri, si sa, “mangiano” tutto e questo addirittura 6 galassie: gli scienziati hanno scoperto questa antichissima struttura cosmica

I buchi neri, si sa, “mangiano” tutto e questo addirittura 6 galassie: un gruppo di ricerca guidato dal nostro Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha scoperto un’antichissima e gigantesca struttura cosmica grazie a tre telescopi tra i più avanzati del mondo. È la prima osservazione nella storia di un’epoca così remota del cosmo.

L’Universo aveva meno di un miliardo di anni, ovvero il sette per cento della sua attuale età, e questo incredibile buco nero già esisteva e già aveva attratto a sé ben 6 galassie. Oggi gli astronomi “vedono” tutto ciò grazie a tre tra i più grandi telescopi ottici al mondo: il Very large telescope dell’Eso, il Large Binocular Telescope (Lbt) ed il W.M. Keck Observatory.

La ricerca è iniziata otto anni fa con la selezione di circa venti galassie sospettate di essere situate nelle vicinanze del buco nero centrale. Negli anni seguenti, utilizzando strumenti spettroscopici sui telescopi Lbt, Keck e Vlt è stato effettivamente confermato come almeno sei di quelle galassie si trovassero nelle vicinanze del buco nero.

“Il desiderio di comprendere alcuni degli oggetti astronomici più complessi, ovvero i buchi neri supermassicci dell’Universo primitivo, ha guidato questo nostro studio” commenta Marco Mignoli, primo autore del lavoro – Si tratta di sistemi estremi e, ad oggi, non abbiamo ancora una completa spiegazione della loro nascita e crescita”.

La scoperta promette di aiutare gli scienziati a comprendere meglio proprio i processi di formazione dei buchi neri supermassicci, in particolare la straordinaria velocità con cui questi possono accrescere la loro massa, unendosi al calcolo della velocità di rotazione effettuato recentemente da un gruppo di astronomi dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Usa).

I ricercatori si augurano anche che questo importante tassello in più permetterà di dimostrare anche come e perché tale velocità di accrescimento aumenta se questi oggetti celesti si trovano all’interno di grandi strutture ricche di gas e riserve di materia.

Parliamo infatti di una complessa architettura cosmica composta di filamenti di materia che si estendono fino a oltre 300 volte la dimensione della Via Lattea con una massa stimata di un miliardo di volte quella del Sole. E la cui struttura ha favorito non solo la formazione iniziale ma anche l’accrescimento.

“Possiamo pensare agli addensamenti di gas presenti in questa struttura come ai fili di una gigantesca ragnatela – spiega in proposito Mignoli – Le galassie si trovano ed evolvono dove questi filamenti si incrociano. Al loro interno fluiscono grandi quantità di gas, che alimenta sia le galassie stesse che probabilmente il buco nero supermassiccio al centro di questa struttura”.

Questa appena scoperta offre dunque una ragionevole spiegazione di come un oggetto cosmico così enorme e complesso si sia potuto formare in “appena” 900 milioni di anni a partire dal Big Bang: le grandi quantità di gas in essa contenute possono fornire il carburante di cui il buco nero centrale ha bisogno per diventare rapidamente supermassiccio.

Ma come si spiega questa stupefacente estensione?

Gli astronomi pensano che la chiave sia da ricercare negli aloni giganti di materia oscura, che avrebbero attirato enormi quantità di gas nelle prime fasi evolutive dell’Universo e che, insieme al gas, avrebbero prodotto strutture simili a ragnatele, culla di galassie e buchi neri.

“La nostra scoperta supporta l’idea che i buchi neri più lontani e massicci si formano e accrescono all’interno di aloni di materia oscura massicci all’interno di strutture su larga scala – commenta Roberto Decarli, altro coautore della ricerca –  e che la mancanza di precedenti avvistamenti di tali strutture era probabilmente dovuta a limiti osservativi”.

Limiti che oggi appaiono superati dal miglioramento della tecnologia. Le galassie scoperte all’interno di questa struttura sono infatti tra i più deboli oggetti individuati dai migliori telescopi oggi operativi, che fino a poco tempo fa non avevano tali potenzialità.

E non finirà qui di certo.

«Siamo convinti che di questa gigantesca ragnatela cosmica abbiamo solo visto la punta dell’iceberg: le galassie scoperte finora intorno a questo buco nero supermassiccio sono probabilmente solo le più luminose. Altre sono ancora nell’ombra, ma per poco” conclude Barbara Balmaverde, anche lei nel team che ha realizzato la scoperta.

Il lavoro è stato pubblicato su Astronomy & Astrophysics Letters.

Fonti di riferimento: INAF / Astronomy & Astrophysics Letters

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