Due enormi buchi neri, ora lontanissimi, si stanno avvicinando inesorabilmente verso un abbraccio fatale che li fonderà
Due enormi buchi neri, ora lontanissimi, si stanno avvicinando inesorabilmente verso un abbraccio fatale, che li fonderà provocando un picco di onde gravitazionali. Una scena alla quale non avremo noi la fortuna di assistere, ma comunque una scoperta che apre nuove porte sui misteri legati alle origini del cosmo.
Un gruppo di ricerca tutto italiano guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha sviluppato un nuovo metodo per la caccia a coppie di buchi neri supermassicci nel cuore di galassie lontane che stanno lentamente fondendosi.
Così ne ha trovata una fatta di due “mostri”, centinaia di milioni di volte più massicci del Sole e separati da una distanza mille volte più grande di Terra-Sole, nella Markarian 915, ripresa dal telescopio spaziale Hubble. La coppia è in avvicinamento e si prevede che dopo alcune centinaia di migliaia di anni o forse qualche milione, colliderà fino a fondersi.
Siamo ormai in zone molto remote del cosmo e riusciamo a “vederle”: il gruppo ha messo a punto una nuova tecnica per esaminare grandi campioni di galassie e cercare segnali che si ripetono nella loro emissione a raggi X, che fa presagire la presenza di due buchi neri supermassicci nel loro nucleo, in orbita l’uno intorno all’altro.
“Abbiamo cercato la periodicità in un campione di 553 galassie attive (quelle dove il buco nero centrale “mangia” la materia circostante, N.d.R.) delle quali l’osservatorio spaziale Neil Gehrels Swift Observatory aveva preso dei dati con regolarità negli ultimi 10 anni – spiega Roberto Serafinelli, primo autore de lavoro – Una di queste galassie, chiamata Markarian 915, mostra un segnale che si ripete periodicamente con cicli di circa 3 anni per circa 3 volte. Sebbene altri candidati siano stati trovati in passato, questa è la prima volta che si osserva una sorgente con questo particolare comportamento nei raggi X”.
Non è infatti il primo lavoro in cui vengono rilevati segnali periodici (e probabilmente non sarà l’ultimo), ma gli astronomi sospettano che nel passato ci siano stati molti “falsi positivi”: sono stati infatti segnalati talmente tanti segnali periodici che, fossero stati tutti veri, avrebbero prodotto picchi di onde gravitazionali che invece non sono mai stati registrati.
Cosa cambia dunque in questo studio? Ma soprattutto, a cosa serve?
Il lavoro a guida INAF ha preso in esame la banda X, e in particolare nelle frequenze più alte di questa porzione dello spettro, i cosiddetti raggi X “duri” (hard X-rays), quelli più energetici, dove il segnale è meno soggetto a “rumori esterni” e quindi molto più probabilmente vero.
E nemmeno stavolta è solo una curiosità scientifica. La ricerca di questa coppia è infatti il primo passo per uno studio sistematico di uno dei più grandi misteri dell’astrofisica moderna: l’evoluzione delle galassie nel corso dei miliardi di anni di storia del nostro universo, e in particolare il processo di fusione che porta alla nascita di una nuova immensa struttura cosmica.
“Comprendere la densità di buchi neri supermassicci binari nell’universo è cruciale per capire come si siano formati e quali siano i loro progenitori – aggiunge a questo proposito Paola Severgnini, coautrice della ricerca – Questo fornirà importantissime informazioni sull’origine delle prime strutture di materia formatesi nell’universo e sull’evoluzione delle galassie”.
Ma non finisce qui. I ricercatori attendono infatti l’uscita di nuovi dati per confermare i sistemi binari scoperti finora mediante lo studio di osservazioni più lunghe, ed eventualmente cercarne di nuovi.
Il lavoro è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.
Fonti di riferimento: INAF / The Astrophysical Journal
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