Addio cieli stellati: lanciati 60 nuovi satelliti e sta per arrivare la pubblicità in orbita

Una sorta di trenino spaziale. Uno dietro l'altro i satelliti del progetto Starlink di Elon Musk sono stati lanciati in orbita a fine maggio. Ben 60 nuovi veicoli spaziali si stanno muovendo intorno alla Terra per portare Internet ultraveloce nelle zone più isolate del mondo. Ma, insieme alla pubblicità spaziale, rischiano di oscurare le stelle e di confondere gli astronomi

Una sorta di trenino spaziale. Uno dietro l’altro i satelliti del progetto Starlink di Elon Musk sono stati lanciati in orbita a fine maggio. Ben 60 nuovi veicoli spaziali si stanno muovendo intorno alla Terra per portare Internet ultraveloce nelle zone più isolate del mondo. Ma, insieme alla pubblicità spaziale, rischiano di oscurare le stelle e di confondere gli astronomi.

Il 24 maggio scorso, 60 satelliti del progetto Starlink sono stati inviati nello spazio con l’obiettivo di portare Internet in ogni parte della Terra e a lungo termine prendere il posto della fibra ottica. Un’idea a dir poco rivoluzionaria ma che, dopo l’entusiasmo iniziale (almeno quello degli ideatori), sembra destare non poche preoccupazioni.

A lanciare l’allarme in particolare è stato Cees Bassa del Netherlands Institute for Radio Astronomy, secondo cui i satelliti cambieranno il modo in cui appare il cielo notturno.

Il progetto Starlink

Il progetto prevede il lancio di 12mila satelliti, utilizzati per trasmettere le comunicazioni Internet dallo spazio fino alla Terra. Queste enormi costellazioni artificiali potrebbero però presto rovinare la vista del cielo notturno interferendo anche con gli studi condotti dagli astronomi.

Poco dopo il lancio dei primi 60, lo spettacolo è stato talmente bizzarro che una serie di siti web hanno riportato centinaia di segnalazioni di Ufo. Ma per gli astronomi la curiosità iniziale ha rapidamente lasciato il posto allo sgomento quando hanno iniziato a calcolare l’impatto potenzialmente drastico sul cosmo.

A preoccuparli è stato soprattutto il fatto che a distanza di vari giorni dal lancio, i satelliti (dal peso di 227 kg ciascuno) erano ancora ben visibili per alcune ore dopo il tramonto e prima dell’alba. Circa un’ora e due minuti dopo il decollo, i satelliti sono stati rilasciati a un’altitudine di 440 km e successivamente si sono posizionati nell’orbita di esercizio a 550 km di quota. Quattro giorni dopo il lancio erano ancora ben visibili ad occhio nudo e impiegavano circa cinque minuti per passare da una parte all’altra dell’orizzonte all’altro.

SpaceX Starlink objects train 24 May 2019 from Marco Langbroek on Vimeo.

I 60 satelliti rappresentano solo il primo passo per Starlink poiché, per entrare ufficialmente in funzione, SpaceX dovrebbe inviarne 12mila entro la metà del 2027: oltre ai 1600 a 550 km, ne sono previsti 2800 in banda Ku (K-under band, frequenze comprese tra 12 e 18 GHz) e Ka (K-above band, frequenze tra i 27 e i 40 GHz) a 1.150 km e 7500 in banda V (frequenze tra 40 e 75 GHz) a 340 km.

Entro i primi mesi del 2020 quasi tutte le aree del pianeta saranno servite da Starlink ma per la copertura completa si dovrà aspettare il 2027. Solo allora essi garantiranno connettività ovunque, anche alle aree più isolate del pianeta.

I dubbi

Come faranno gli astronomi a evitare di “catturare” i satelliti durante le loro indagini? La domanda è stata posta anche a Elon Musk, che su Twitter ha risposto:

“Sì, è già stato preso in considerazione. Evitiamo l’uso di alcune delle frequenze più basse della banda Ku proprio per la radioastronomia”.

Non sono così ottimisti gli scienziati italiani:

“Sarà un macello specialmente nelle bande K (Ku e Ka) sarà quasi impossibile fare osservazioni. Anche tutti i radiometri da terra che misurano a 22 GHz le colonne di vapore acqueo per esperimenti Vlbi saranno accecati da questi minisatelliti” ha detto Jader Monari, ingegnere dell’Istituto di radioastronomia dell’Inaf di Bologna.

Ma non solo. Per Fabrizio Villa, ricercatore dell’Osservatorio di astrofisica e scienza dello spazio dell’Inaf di Bologna, i rischi si spostano anche sul piano dell’inquinamento elettromagnetico:

“Starlink è indubbiamente un progetto molto affascinante dal punto di vista spaziale. Tuttavia, grossi benefici nella connettività globale indubbiamente portano a un inquinamento elettromagnetico che potrebbe rendere difficili sia le osservazioni radio e millimetriche (ad esempio con Alma, che lavora da 35 fino a 950 GHz), sia quelle amatoriali di chi osserva e fotografa il cielo per diletto. Il rischio è di togliere a tutti la possibilità e la bellezza di poter osservare il cielo”.

Pubblicità in orbita

Starlink non è l’unico progetto di questo tipo. Pepsi e StarRocket puntano a invadere il cielo con i loro messaggi pubblicitari. Il colosso delle bevande ha consultato la startup russa StartRocket per proiettare il proprio logo nei cieli notturni tramite satelliti a bassa orbita.

Il primo spot dovrebbe essere una “campagna contro stereotipi e pregiudizi ingiustificati contro i giocatori” per conto di una bevanda energetica chiamata Adrenaline Rush.

In questo caso, i tempi sono ancora più brevi rispetto a quelli del progetto di Elon Muks. La startup russa dovrebbe lanciare il primo spot in orbita nel 2021.

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Francesca Mancuso

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