Isola di Pasqua, fu davvero un “ecocidio”? Lo studio che rivoluziona tutte le teorie

Un recente studio sfida la teoria tradizionale del collasso ecologico dell'Isola di Pasqua, dimostrando che i coloni polinesiani trovarono modi ingegnosi per sostenersi attraverso i giardini di pietra, mantenendo una popolazione stabile per secoli

Circa 1.000 anni fa, un piccolo gruppo di polinesiani attraversò migliaia di chilometri di oceano per stabilirsi in uno dei luoghi più remoti del mondo: l’isola che chiamarono Rapa Nui, o Isola di Pasqua. Qui costruirono centinaia di “Moai“, le famose statue di pietra. La storia tradizionale racconta che la popolazione dell’isola crebbe a dismisura, esaurendo le risorse naturali e portando alla rovina della loro civiltà. Tuttavia, un nuovo studio offre una versione diversa.

Recenti ricerche suggeriscono che la popolazione di Rapa Nui non sia mai diventata insostenibile. Gli abitanti trovarono modi ingegnosi per gestire le risorse limitate dell’isola, mantenendo una popolazione stabile per secoli. L’evidenza di questo è nei “giardini di pietra”, dove coltivavano patate dolci nutrienti. Questi giardini coprivano solo un’area sufficiente a sostenere poche migliaia di persone.

Lo studio, pubblicato su Science Advances, sfida la teoria del collasso ecologico. Dylan Davis, ricercatore presso la Columbia Climate School e autore principale dello studio, ha dichiarato:

Questo dimostra che la popolazione non poteva mai essere grande come alcune stime precedenti. Le persone sono state molto resilienti di fronte a risorse limitate, modificando l’ambiente in modo efficace.

I giardini di pietra, chiave per la sopravvivenza degli abitanti di Rapa Nui, sono ancora utilizzati oggi da alcuni residenti. Questi giardini sono un esempio di come i coloni affrontarono le difficili condizioni ambientali dell’isola.

L’Isola di Pasqua è uno dei luoghi abitati più remoti del mondo. Situata a 3.500 km dal Cile, la sua terra vulcanica è meno fertile rispetto ad altre isole tropicali come Hawaii e Tahiti. Gli abitanti dovevano lavorare molto più duramente per raccogliere risorse marine a causa delle acque profonde circostanti.

Isola di Pasqua

©Carl Lipo – Columbia Climate School

Tecniche di sopravvivenza innovative

Per affrontare queste difficoltà, i coloni utilizzavano una tecnica chiamata giardinaggio litico, spargendo pietre sui terreni per proteggerli dal vento e migliorare la qualità del suolo. Questo metodo è stato utilizzato anche in altre parti del mondo, come in Nuova Zelanda e nelle Isole Canarie.

Alcuni scienziati hanno ipotizzato che la popolazione dell’isola dovesse essere molto più grande per poter costruire i giganteschi moai. Tuttavia, studi recenti basati su immagini satellitari e rilevamenti sul campo mostrano che i giardini di pietra coprivano solo una piccola parte dell’isola, sostenendo al massimo circa 3.000 persone, il numero osservato al momento del primo contatto europeo.

Utilizzando modelli di machine learning, i ricercatori hanno concluso che i giardini di pietra occupavano meno dello 0,5% dell’isola. Questo supporta l’idea che la popolazione fosse più piccola e stabile, con una dieta basata non solo su patate dolci, ma anche su risorse marine e altre colture.

Carl Lipo, coautore dello studio e archeologo presso la Binghamton University, afferma che l’idea di un boom demografico seguito da un collasso è ancora presente nell’immaginario pubblico, ma che le prove archeologiche non la supportano:

Le prove accumulabili basate sulla datazione al radiocarbonio di manufatti e resti umani non supportano l’idea di popolazioni enormi. Lo stile di vita delle persone doveva essere incredibilmente laborioso. Pensate: una vita intera a sedersi e rompere rocce tutto il giorno.

Oggi, l’isola ospita quasi 8.000 persone e riceve circa 100.000 turisti all’anno. Anche se la maggior parte del cibo è importata, alcuni residenti continuano a coltivare patate dolci nei giardini antichi, una pratica che è cresciuta durante la pandemia di Covid-19.

Seth Quintus, un antropologo dell’Università delle Hawaii che non ha partecipato allo studio, vede Rapa Nui come un esempio di adattamento umano a un ambiente difficile:

Vedo l’isola come un buon caso di studio sull’adattamento comportamentale umano di fronte a un ambiente dinamico. Il nuovo studio e altri simili offrono l’opportunità di documentare meglio la natura e l’estensione delle strategie di adattamento. Sopravvivere nei subtropici più aridi su Rapa Nui, più isolata e geologicamente antica, è stata una sfida incredibile.”

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Fonte: Columbia Climate School

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