Un mattone d'argilla e paglia ha conservato per quasi 3000 anni tracce di numerose specie vegetali, trasformandosi in una "capsula del tempo" per la biodiversità
Un mattone di argilla risalente al I millennio a.C. ha restituito tracce di DNA di piante di quell’epoca, rivelandosi una incredibile “capsula del tempo” per gli archeologi e restituendo uno spaccato della diversità delle specie vegetali coltivate in quel momento storico.
Attualmente conservato al Museo Nazionale di Copenaghen (Danimarca), il mattone di argilla proviene dal palazzo del re neo-assiro Assurnasirpal II, nell’antica città di Kalhu (nell’attuale Iraq settentrionale).
Secondo la ricostruzione degli storici, la costruzione del Palazzo Reale iniziò intorno all’879 a.C: il mattone della struttura, infatti, presenta un’iscrizione cuneiforme (scritta nell’ormai estinto linguaggio semitico accadico) in cui si legge che il palazzo è “di proprietà del palazzo di Assurnasirpal, re d’Assiria“.
Se consideriamo che il regno di Assurnasipal II è durato circa dall’884 a.C. al 859 a.C., datare la costruzione del palazzo in modo piuttosto accurato è stato semplice.
La scoperta
Il mattone in questione si trova esposto nel museo danese già da molti anni, ma è solo nel 2020, quando ha avuto inizio un progetto di digitalizzazione, che i ricercatori si sono accorti della presenza di alcuni campioni vegetali rimasti impastati nell’argilla.
Un team di esperti ha estratto il DNA dai diversi campioni ricorrendo a una tecnica investigativa già utilizzata per estrarre il corredo genetico conservato all’interno di materiali porosi – come le ossa.
Dai dati raccolti, sono state individuate ben 34 gruppi di piante diverse: fra questi, le famiglie di vegetali più rappresentate sono le Brassicaceae (cavoli) e le Ericaceae (erica). Altre famiglie rappresentate sono Betulaceae (betulla), Lauraceae (alloro), Selineae (ombrellifere) e Triticeae (erbe coltivate).
Un team pluridisciplinare composto da assiriologi, archeologi, biologi e genetisti ha confrontato queste tracce genetiche con quelle delle piante esistenti nel moderno Iraq, cercando analogie e differenze.
Siamo stati assolutamente entusiasti di scoprire che il DNA antico, efficacemente protetto dalla contaminazione all’interno di una massa di argilla, può essere estratto con successo da un mattone di 2.900 anni – ha spiegato la professoressa Sophie Lund Rasmussen.
Questo progetto di ricerca è un perfetto esempio dell’importanza della collaborazione interdisciplinare nella scienza, poiché le diverse competenze incluse in questo studio hanno fornito un approccio olistico allo studio di questo materiale e ai risultati che ha prodotto.
Si ipotizza che il mattone sia stato realizzato con il fango raccolto sulle sponde del fiume Tigri, mescolato a paglia o sterco di animali, e che sia stato inserito in uno stampo prima di essere inciso con la sua descrizione e lasciato ad asciugare al sole.
Il fatto che l’oggetto non sia stato cotto (come spesso accade ai mattoni) ma fatto asciugare al sole ha impedito che le tracce vegetali si bruciassero, perdendo il loro corredo genetico.
Il mattone ha potuto così fornire molte informazioni relative alla biodiversità antica, utili agli archeologi per comprendere quali sono le specie vegetali che si sono estinte e quelle che, nel corso di quasi 3000 anni, si sono conservate fino ai giorni nostri.
Grazie all’iscrizione sul mattone, possiamo attribuire l’argilla a un periodo di tempo relativamente specifico in una particolare regione – ha commentato il professor Troels Arbøll.
Questo significa che il mattone funge da “capsula temporale della biodiversità” contenente informazioni riguardanti un singolo sito e i suoi dintorni.
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Fonti: University of Oxford / Nature Scientific Reports
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