Siccità: dal Tevere in secca riemergono le antiche rovine del Ponte Neroniano

A causa della siccità il livello del Tevere è sceso di circa 1 metro e mezzo nelle ultime settimane e nei pressi di Castel Sant'Angelo sono riaffiorati gli antichi ruderi del Ponte Neroniano, la cui origine resta ancora avvolta (in parte) nel mistero

Il Tevere ha sete. La grave siccità che sta colpendo gran parte dello Stivale ha reso anche il fiume che scorre nel Lazio ormai quasi irriconoscibile. Il livello del corso d’acqua è ormai inferiore di circa un metro e mezzo rispetto alla media: una situazione drammatica che ha portato il Presidente regionale Nicola Zingaretti a proclamare lo stato di calamità.

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E a seguito della secca record, dal Tevere sono emersi persino gli antichi resti del Ponte Neroniano, noto anche come Trionfale, come mostrano le varie immagini cirolate sui social in questi giorni e rimbalzate sui quotidiani:

Rovine rimaste sepolte per tantissimo tempo dalle acque del fiume, sono adesso ben visibili. Uno scenario suggestivo, ma a tratti inquietante, visto che è l’ennesima conseguenza della siccità che sta flagellando il nostro Paese.

Ma a che epoca risalgono questi ruderi riemersi nei pressi di Castel Sant’Angelo? Il Ponte Neroniano consentiva alla Via Triumphalis, che univa Roma a Veio, di poter attraversare il fiume Tevere. Pare che il ponte sia stato commissionato dall’imperatore nel I secolo Nerone per spostarsi meglio nella città, anche se c’è chi attribuisce la sua costruzione a Caligola per facilitare l’accesso al suo circo, quindi diversi anni prima.

Secondo le ricostruzioni degli storici, il ponte è caduto in disuso a seguito dell’edificazione mura aureliane (270-275 d.C.). I resti dei piloni furono poi demoliti nel XIX secolo per facilitare la navigazione nel Tevere.

A seguito della siccità, sono diversi i tesori rimasti nascosti che stanno riaffiorando in varie parti del mondo. Dal bacino idrico di Mosul, in Iraq, qualche settimana fa sono riemerse le rovine di una città risalente a ben 3.400 anni fa.

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Fonte: Museo di Castel Sant’Angelo

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