Ritrovati i primi strumenti a fiato preistorici del Vicino Oriente: risalgono a 12mila anni fa

Si tratta dei primi flauti di questo tipo ad essere stati ritrovati in queste zone, nonostante il sito preistorico sia esaminato fin dal 1995

Grazie alla scienza e all’archeologia riusciamo sempre a venire a contatto con scoperte inaspettate. Il sito preistorico di Eynan-Mallaha, situato nel nord di Israele, è stato studiato a fondo fin dal 1955. Nonostante ciò, continua a riservare sorprese agli scienziati. L’ultima è datata poco tempo fa.

Recentemente, infatti, un’équipe di ricercatori francesi e israeliani ha identificato sette strumenti a fiato preistorici, quelli che comunemente chiamiamo “flauti”, risalenti a 12.000 anni fa. Questa scoperta è estremamente rara, poiché sono i primi flauti di questo tipo ad essere stati trovati nel Vicino Oriente.

Sono state scelte di proposito ossa piccole per ottenere suoni acuti

Ma come sono stati realizzati questi flauti? Sono state impiegate le ossa di un piccolo uccello acquatico e, quando si soffia attraverso di essi, producono un suono simile a quello di alcuni rapaci come lo sparviero eurasiatico e il gheppio comune.

La scelta delle ossa per costruire questi strumenti non è stata casuale: nel sito sono stati rinvenuti anche uccelli di dimensioni maggiori, con ossa più grandi che producono suoni più profondi. Tuttavia, i Natufiani, la civiltà del Vicino Oriente che abitava questo villaggio tra il 13.000 e il 9.700 a.C., hanno deliberatamente scelto ossa più piccole per ottenere un suono acuto simile a quello dei rapaci menzionati.

Tanti gli utilizzi di questi strumenti

Questi strumenti potevano essere utilizzati per la caccia, per suonare musica o forse per comunicare con gli uccelli stessi. È evidente che i Natufiani attribuivano un valore simbolico speciale agli uccelli, come dimostrano i numerosi ornamenti fatti di artigli ritrovati a Eynan-Mallaha.

Questo villaggio, situato sulle sponde del lago Hula, è stato la casa di questa civiltà per un periodo di 3.000 anni. Pertanto, è di grande importanza per comprendere le pratiche e le abitudini di una cultura che si trovava al crocevia tra stili di vita nomadi e sedentari e che ha vissuto la transizione da un’economia basata sulla caccia a una basata sull’agricoltura.

Lo studio, pubblicato il 9 giugno su Nature Scientific Reports, è stato finanziato dalla Fyssen Fondation e dal Ministère des Affaires étrangères.

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Fonte: Nature

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