Chi erano i primi europei? Abbiamo appena ritrovato dei resti incredibili (che riscrivono la storia e le nostre origini)

Scoperti i resti umani più antichi d'Europa, datati a circa 1,3 milioni di anni: si rafforza l'ipotesi che i primi ominidi abbiano attraversato lo Stretto di Gibilterra

Una delle più grandi domande sull’evoluzione umana riguarda quando e come i primi ominidi siano arrivati in Europa dall’Africa. Ora, grazie alle tecniche di datazione geologica nei siti di Orce, nella depressione di Baza a Granada, sappiamo che i resti umani trovati in questa zona sono i più antichi d’Europa, risalenti a circa 1,3 milioni di anni fa. Come sono arrivati? Quali percorsi hanno seguito?

Questi risultati supportano l’ipotesi che gli esseri umani siano arrivati in Europa attraverso il sud della Penisola Iberica, passando per lo Stretto di Gibilterra, piuttosto che attraverso la via asiatica. Lo studio, guidato da Lluís Gibert dell’Università di Barcellona, ha coinvolto ricercatori del Berkeley Geochronology Center e della Murray State University.

La nuova datazione è basata sull’analisi del paleomagnetismo di un’area della regione di Orce mai campionata prima, protetta dall’erosione subita nel corso degli anni. Questa tecnica di datazione relativa si basa sullo studio dell’inversione dei poli magnetici del pianeta, dovuta alle dinamiche interne della Terra. Questi cambiamenti, registrati nei minerali, permettono di stabilire periodi di tempo a partire dai diversi eventi magnetici. Secondo Gibert, i nuovi dati sono molto precisi grazie alla lunga sequenza sedimentaria che affiora a Orce:

L’unicità di questi siti risiede nella loro stratificazione all’interno di una sequenza sedimentaria molto lunga, di oltre ottanta metri. Normalmente, i siti si trovano in grotte o in sequenze stratigrafiche molto brevi, che non permettono di sviluppare lunghe sequenze paleomagnetiche nelle quali è possibile individuare diverse inversioni magnetiche.

Sequenza di polarità magnetica: cosa rivela sui nostri antenati?

I ricercatori sono stati in grado di identificare una sequenza di polarità magnetica con cinque eventi magnetici, che permettono di collocare i tre siti di Orce con presenza umana tra il subcron di Olduvai e quello di Jaramillo, ossia tra 1,77 e 1,07 milioni di anni fa. Hanno poi applicato un modello statistico di età per affinare con precisione la cronologia dei diversi livelli stratigrafici, con un margine di errore di soli 70.000 anni.

Grazie a questa metodologia innovativa, il sito più antico con presenza umana in Europa sarebbe Venta Micena, con un’età di 1,32 Ma, seguito da Barranco León (1,28 Ma) e Fuente Nueva 3 (1,23 Ma), come spiegato da Gibert:

Con questi dati, l’altro grande sito della penisola, la Sima del Elefante ad Atapuerca, verrebbe relegato al secondo posto, con un’età tra 0,2 e 0,4 Ma più moderna.

Per completare la datazione, lo studio ha anche analizzato la fauna trovata nei diversi siti di Orce. Come può la fauna dirci qualcosa sull’antichità di un sito? Robert Martin, esperto del Museo dell’Istituto Catalano di Paleontologia Miguel Crusafont (IPS) a Sabadell, ha condotto un’analisi dettagliata dei micromammiferi e dei grandi mammiferi dei siti di Orce:

I risultati indicano che la fauna piccola e grande di Orce è più primitiva rispetto, ad esempio, a quella della Sima del Elefante, dove i roditori Allophaiomys lavocati sono più evoluti rispetto agli Allophaiomys recuperati dai siti di Orce.

Un altro indicatore rilevante dell’età dei siti di Orce è l’assenza degli antenati dei maiali, considerati immigrati asiatici, che non sono stati trovati in nessun sito europeo tra 1 e 1,5 Ma, mentre sono stati trovati nella Sima del Elefante, confermando che la fauna di Orce è più antica.  Secondo Gibert, questa nuova datazione si aggiunge ad altre evidenze che inclinano la bilancia a favore della colonizzazione dell’Europa attraverso lo Stretto di Gibilterra, piuttosto che attraverso il ritorno nel Mediterraneo via Asia:

L’esistenza di un’industria litica con somiglianze a quella trovata nel nord del continente africano e la presenza di resti di fauna africana nel sud della penisola, come quelli dell’ippopotamo trovati nei siti di Orce e quelli di Theropithecus oswaldi, un primate africano simile a un babbuino, trovato nella grotta Victoria vicino a Cartagena (Murcia), non esistente altrove in Europa.

Similarità con gli ominidi dell’isola di Flores

I risultati suggeriscono un “diacronismo” tra l’occupazione più antica dell’Asia, risalente a 1,8 Ma, e quella più antica dell’Europa, risalente a 1,3 Ma. Queste differenze nell’espansione umana possono essere spiegate dalle barriere biogeografiche che isolano l’Europa da Asia e Africa, difficili da superare sia a est (Stretto del Bosforo, Dardanelli, Mare di Marmara) che a ovest (Stretto di Gibilterra), come illustrato da Gibert:

L’umanità è arrivata in Europa quando aveva la tecnologia necessaria per superare le barriere marittime, come avvenuto prima di un milione di anni sull’isola di Flores in Indonesia.

Come hanno fatto a superare queste barriere? Secondo il ricercatore, lo Stretto di Gibilterra attualmente richiede di attraversare fino a quattordici chilometri di mare:

Forse in passato questa distanza era minore in certi periodi a causa dell’alta attività tettonica nella regione e delle fluttuazioni del livello del mare che favorivano le migrazioni.

Dal 1982, nei siti di Orce sono stati trovati cinque resti umani. Quali sono questi resti e cosa ci raccontano? Inizialmente, sono stati trovati due frammenti di omero morsi da iene a Venta Micena, oltre a parti di un frammento cranico composto da due parietali e un occipitale, associati a una fauna abbondante del primo Pleistocene. L’origine umana di questi resti ha generato grande controversia per anni, ma studi indipendenti di paleoproteomica condotti dalle università di Granada e San Francisco hanno identificato proteine umane nei resti.

La scoperta successiva nei vicini siti di Barranco León e Fuente Nueva 3 di due denti molari umani e migliaia di strumenti litici olduviani, una delle prime industrie litiche umane, nonché segni di taglio sulle ossa, ha consolidato l’evidenza della presenza di ominidi nel primo Pleistocene a Orce.

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Fonte: Universitat de Barcelona

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