Una recente ricerca sui resti e le vittime dell’incendio avvenuto a Pompei nel 79 d.C., ha rivelato che le vittime del disastro sono morte per asfissia e non a causa del calore o del fuoco dell’incendio
Nel 79 d.C., il Vesuvio eruttò, coprendo la vicina città di Pompei di epoca romana con cenere, pomice e altri detriti, uccidendo migliaia di persone che vivevano lì.
Nel corso di molti anni, la città è stata scavata rivelando i suoi resti, e un team multi-istituzionale di archeologi, chimici e scienziati ambientali, utilizzando la fluorescenza portatile a raggi X sulle vittime dell’eruzione di Pompei nel 79 d.C., ha scoperto che queste morirono di asfissia.
Molti pompeiani furono sepolti dalla pioggia di materiale vulcanico che li colpì. Nel corso del tempo, mentre i corpi si decomponevano nella cenere che si induriva rapidamente, si formò un vuoto nella forma originale del cadavere.
Nel 1800, diversi archeologi ebbero l’idea di riempire i vuoti con il gesso e, dopo che questo si era indurito, di rimuovere la cenere, che lasciava figure di gesso a forma di persone morte.
Precedenti test su tali calchi avevano dimostrato che al loro interno erano nascoste le ossa dei morti. Ricerche precedenti, però, hanno suggerito che le interazioni tra le ossa e il gesso probabilmente portavano alla contaminazione, rendendo difficile giungere a qualsiasi conclusione. In questo nuovo studio, invece, il gruppo di ricerca ha utilizzato un nuovo approccio: dispositivi portatili a fluorescenza a raggi X.
Confrontando le immagini in fluorescenza a raggi X con i resti di altre persone decedute provenienti da diverse parti della città, il team è stato in grado di concludere che le ossa all’interno dei calchi appartenevano a persone morte per asfissia. Si esclude, inoltre, la morte dovuta al calore o direttamente al fuoco.
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Fonte: PLOS ONE
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