Negli zaini dei rider, che consegnano gli alimenti nelle nostre case, si nasconde una sorpresa sconcertante: decine di colonie di batteri; oltre 200 quelle rinvenute in un solo box. Così il rischio di contaminazione alimentare è dietro l'angolo
Si muovono sulle nostre strade, a bordo di zaini e motorini, con addosso zaini carichi da cibo e bevande da consegnare nelle nostre case. Sono l’esercito dei rider, che portano hamburger, sushi, pizze, panini e tanto altro. Che questa categoria di lavoratori non goda ancora di adeguate tutele e sia spesso sottopagata e sfruttata non è affatto una novità, ma vi siete mai domandati cosa contengono le loro capienti sacche al di là degli alimenti? La risposta sicuramente vi farà storcere il naso.
Sono, infatti, oltre 200 le colonie di batteri rinvenuti sul fondo e nelle pareti laterali di uno degli zaini adibiti al trasporto di cibo di Glovo, nota azienda di food delivery. A svelarci un altro lato oscuro di questo settore Gambero Rosso, la principale rivista enogastronomica italiana, che ha commissionato delle analisi Laboratorio SiLa, specializzato in ambito alimentare.
“Per avere un’idea di quanto fosse sporco – sebbene alla vista e all’olfatto sembrasse pulito – basta pensare che è il triplo di quelle che possono essere trovate sul pavimento di un ristorante quando durante un controllo sanitario verrebbe bocciato perché troppo sporco” si legge nell’anteprima dell’indagine “Batteri a domicilio”, che uscirà il 28 giugno in versione cartacea nelle edicole.
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Il nodo della carenza di controlli nel food delivery
Secondo quanto stabilisce l’articolo 2 del Regolamento europeo n. 852 del 2004, spetta gli stessi rider – dopo un corso di formazione – di occuparsi dell’igiene e disinfezione quotidiana per mantenere puliti i contenitori destinati al cibo. Tutto questo, però, richiede accuratezza e soprattutto tempo; e per chi effettua consegne a domicilio ogni minuto è prezioso.
Com’è noto, il rispetto delle leggi è poi affidato alle Asl (ai Servizi veterinari e di igiene degli alimenti), ai Nas (il nucleo anti-sofisticazione del comando dei Carabinieri) e all’Icqrf (l’Ispettorato centrale repressione frodi). Peccato, però, che a livello pratico – nell’ambito del food delivery – ci si scontra con una notevole carenza di controlli.
La realtà è ben diversa: nessuno si occupa sistematicamente del controllo igienico sanitario degli alimenti nella fase del loro trasporto. – sottolinea la rivista – Una grande questione è quella dello stato di conservazione degli alimenti: secondo le procedure HACCP, gli alimenti deperibili cotti da consumarsi caldi devono essere trasportati da 60°C a 65°C, mentre gli alimenti deperibili da consumarsi freddi devono stare a una temperatura non superiore ai 10°C.
Un altro fattore da considerare è quello del rispetto della catena del freddo. Gli alimenti dovrebbero essere trasportati su veicoli muniti di contenitori con attestazione ATP (Accord Transport Perissable) che si trovano in commercio, anche se per le loro dimensioni possono essere portati a bordo di moto o autocarri, ma non da scooter o biciclette, come accade nella maggioranza dei casi.
Qui subentra qualche contrasto tra sostenibilità e sicurezza: da un lato le aziende sottolineano di essere green grazie all’utilizzo delle biciclette, dall’altro queste non sono adatte a supportare gli strumenti più idonei a rispettare protocolli di sicurezza come la catena del freddo. – fa notare la rivista enogastronomica – Un discorso simile può essere fatto con i contenitori in cartone, che sono più sostenibili ma allo stesso tempo più soggetti a contaminazione perché meno ermetici.
Insomma, in troppi casi la sicurezza alimentare non va a braccetto con il food delivery…
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Fonte: Gambero Rosso
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