Una squadra di basket femminile ha rifiutato di gareggiare contro giocatrice transgender

Una squadra di basket femminile di una scuola superiore cristiana del Vermont si è rifiutata di partecipare ad una partita di playoff, rinunciando di fatto al proseguimento nel torneo. Motivo del contendere sarebbe stata la presenza di una giocatrice transgender nella rosa dell’altra squadra che avrebbe “messo a rischio l’equità di gioco”

Sta facendo discutere la decisione di una squadra femminile di basket di una scuola superiore cristiana del Vermont. Ha infatti rinunciato a partecipare a una partita di playoff che le avrebbe permesso di accedere ai quarti di finale piuttosto che competere contro una squadra che aveva una giocatrice transgender nella rosa.

La sera del 21 febbraio, le Eagles della Mid Vermont Christian School di White River Junction avrebbero dovuto affrontare le Long Trail Mountain Lions di Dorset nel primo turno del torneo femminile varsity della Vermont Division IV.

Le motivazioni della direttrice statale

Tuttavia, come detto, le Eagles si sono ritirate dal torneo, perdendo così la possibilità di competere per il titolo statale, dopo aver appreso che una giocatrice delle Mountain Lions è transgender. La direttrice scolastica della MVCS Vicky Fogg ha dichiarato in un’e-mail mandata a Fox News Digital:

Ci siamo ritirate dal torneo perché crediamo che giocare contro un avversario con un maschio biologico metta a rischio l’equità del gioco e la sicurezza delle nostre giocatrici. Permettere ai maschi biologici di partecipare agli sport femminili crea un brutto precedente per il futuro dello sport femminile in generale.

Dopo l’uscita di scena di MVCS, le Long Trail non hanno comunque avuto grande successo nel torneo. Hanno infatti perso al secondo turno contro la squadra numero 4 di Arlington. Il direttore atletico delle Long Trail, John Schneble, non ha voluto rispondere alle richieste di un commento in merito al forfait di MVCS.

Le legge statale però vieta la discriminazione per identità di genere

Il tutto è avvenuto in barba della legge statale che vieta la discriminazione degli studenti-atleti a causa della loro identità di genere e che sostiene che qualsiasi controversia sulla partecipazione degli studenti a squadre sportive che non corrispondono al loro sesso biologico debba essere considerata caso per caso.

Nelle best practice dell’Agenzia per l’istruzione del Vermont si legge infatti:

Gli studenti transgender e gender nonconforming devono avere le stesse opportunità di partecipare all’educazione fisica di tutti gli altri studenti. In generale, agli studenti deve essere consentito di partecipare all’educazione fisica e agli sport in conformità con la loro identità di genere. La partecipazione ad attività atletiche e sportive agonistiche sarà decisa caso per caso.

Il dipartimento sostiene anche che agli studenti transgender non dovrebbe essere richiesto di usare il bagno o lo spogliatoio “in conflitto con la propria identità di genere”.

Non è il primo conflitto che si registra su questo tema

Non è la prima volta che legge e realtà si scontrano aspramente. La politica transgender del Vermont ha infatti creato conflitti in altre scuole negli ultimi mesi. Lo scorso autunno, ad esempio, l’allenatore di calcio di una scuola media è stato sospeso.

In un post privato su un social media, aveva offeso uno studente trans difendendo la figlia che si era espressa contro la presenza del giocatore nello spogliatoio femminile. Nella stessa scuola, un gruppo di studentesse sarebbe stato bandito dallo spogliatoio dopo essersi opposto al fatto che un maschio biologico si cambiasse nello stesso spazio.

Il governatore repubblicano del Vermont Phil Scott si è più volte espresso a favore dei diritti degli studenti transgender nelle scuole. In una dichiarazione dell’aprile 2022, Scott ha citato una ricerca che sostiene che c’è un tasso più alto di violenza sessuale contro gli studenti a cui viene negato l’uso dello spogliatoio e del bagno della loro identità di genere.

Tali dichiarazioni, alla luce dei fatti avvenuti, suonano tuttavia anacronistiche se ancora si ritiene che la partecipazione anche solo di un giocatore biologicamente dell’altro sesso possa favorire (o sfavorire) l’altra squadra. C’è ancora dunque molto da fare per arrivare ad una parità di genere non solo scritta “sulla carta”, ma anche effettiva nella realtà.

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