Il trionfo di Rigivan Ganeshamoorthy: oltre l’oro olimpico, un messaggio di inclusione e una vittoria della spontaneità

Insieme all'incredibile prestazione sportiva, l'atleta romano di 25 anni ha conquistato tutti grazie alla sua genuinità e all'ironia nelle interviste post-gara

Venticinque anni, romano di origini srilankesi, Rigivan Ganeshamoorthy ha conquistato l’oro paralimpico nel lancio del disco categoria F52, stabilendo ben tre record del mondo. Ma la sua vittoria va oltre la straordinaria prestazione sportiva.

La sua simpatia, il suo timido sorriso e la sua spontaneità hanno conquistato il cuore di tutti, rendendolo un simbolo di inclusione.

“Ieri non appena ho preso il cellulare non riuscivo a toccarlo perché scottava”, racconta Ganeshamoorthy a La Stampa, travolto dall’affetto e dall’attenzione mediatica. “Forse l’unica cosa negativa erano alcune persone che mi scrivevano cose indelicate sul colore della pelle. Ancora nel 2024 sentire questa cosa è un po’ triste. Vabbè gli ignoranti sono loro, a me scivola addosso”.

Un campione dentro e fuori dal campo

Ganeshamoorthy ha vinto due volte: sul campo, con una prestazione eccezionale, e fuori, con la sua spontaneità e il suo messaggio di inclusione. “Che devo di’? Dedico la vittoria a mia madre, a mia sorella, alla Roma, ar decimo municipio, al mio vicino che mi è venuto a trovare e mi ha regalato la bandiera”, ha detto ai microfoni di RaiSport, con un sorriso timido e sincero. “L’amicizia è la cosa più bella che c’è, pure più di una medaglia”.

La sua ironia e la sua semplicità hanno conquistato tutti. “Sì, il mondo dello sport gli piace, anche se ci sono un po’ troppi disabili forse”, ha scherzato, salutando “Alice, ‘a ragazza mia” e dedicando la sua medaglia “a tutta la nazione italiana e a tutti quei disabili che sono a casa”.

La storia di Ganeshamoorthy è ancora più straordinaria se si considera che ha scoperto di essere affetto dalla sindrome di Guillain-Barré solo a 18 anni. La malattia ha compromesso la sua mobilità, ma non la sua determinazione. Dopo aver provato il basket e la scherma in carrozzina, ha scoperto la sua passione per i lanci, diventando in breve tempo un campione.

“Lo sport per me è stata una rinascita, mi ha dato la possibilità di non pensare a cose negative”, racconta a La Stampa. “Io certe cose le ho vissute sulla mia pelle. Quando sei ricoverato conosci ragazzi e ragazze con problemi, ma anche le loro famiglie. Sono persone che purtroppo non hanno amicizie. Adesso utilizzo una brutta espressione, lo so, ma veniamo schifati perché c’è chi è su una carrozzella o chi magari ha il catetere con la sacca delle urine. Siamo come tutti gli altri, però veniamo discriminati per una disabilità che non abbiamo voluto. Ce la siamo ritrovata e ce la teniamo”.

Ganeshamoorthy vuole che la sua vittoria sia un messaggio di inclusione e parità. “Noi disabili possiamo essere alla pari con le persone senza disabilità e non dobbiamo venire discriminati perché possiamo fare le loro stesse cose”, afferma a La Stampa. “Ovviamente con un po’ di difficoltà. Però siamo sullo stesso livello”.

Il campione paralimpico sottolinea anche l’importanza dello sport come strumento di riabilitazione e inclusione sociale. “Lo sport riabilita le persone. Ti appaga”, dice a La Stampa. “Per questo ho dedicato l’oro agli altri. Io ho fatto solo l’atleta, ma dietro di me ci sono state molte persone che mi hanno assistito, mi hanno aiutato e hanno creduto in me. E questa vittoria è per loro”.

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