Ibrahim Al Hussein, l’atleta paralimpico che ha perso una gamba durante un bombardamento ci insegna che nella vita tutto è possibile

Ibrahim Al Hussein perse una gamba in seguito all'esplosione di una bomba. Oggi è a Tokyo e ci insegna che nella vita tutto è possibile

Nato nel 1988 in una famiglia di atleti, in Siria, Ibrahim Al Hussein sognava una carriera nello sport. Proprio come il padre, allenatore di nuoto che lo aveva sempre spronato ad allenarsi, sperimentando diverse discipline. Una vita tranquilla e serena, perlomeno finché non scoppiò la guerra civile. E tutto cambiò.

Nel 2012 la sua famiglia decide di fuggire per raggiungere un luogo più sicuro. Ibrahim rimane a casa. Non immagina lontanamente quello che sta per accadere.

Un cecchino colpisce un suo amico. Ibrahim è terrorizzato ma non può e non vuole abbandonarlo.

“È caduto a terra e ha chiesto aiuto. Sapevo che se fossi andato ad aiutarlo, avrebbe potuto sparare anche a me. Ma ho deciso che dovevo prestargli soccorso perché sapevo che non mi sarei mai perdonato se l’avessi visto morire in mezzo alla strada”.

Pochi secondi dopo esplode una bomba che lo priva della gamba destra, procurandogli gravissime ferite. Costretto su una sedia a rotelle, Ibrahim sprofonda nella depressione. Non mangia, non beve, si sente completamente perso. Trascorre così diversi mesi, finché decide che è il momento di cambiare vita. 

Insieme a un amico raggiunge la Turchia, dove vive per diverso tempo senza denaro e senza cure mediche adeguate. Decide di partire nuovamente. Questa volta verso la Grecia. 

Aiutato da alcuni rifugiati, riesce ad acquistare un biglietto per Atene. Non ha denaro, dorme dove capita, mangia qualche frutto raccolto dagli alberi. Poi l’incontro, miracoloso, con il medico Angelos Chronopoulos, grazie al quale ottiene una protesi per la gamba, iniziando il suo percorso verso la libertà.

Pian piano inizia a lavorare e ricomincia a dedicarsi allo sport, come giocatore di basket. Solo nell’ottobre 2015 trova finalmente una piscina dove potersi allenare. E ricomincia a nuotare. 

Ritornare allo sport non è stato facile. È stata una grande sfida. Ma se hai una disabilità o qualsiasi altra cosa tu debba affrontare, niente dovrebbe impedirti di fare ciò che ami 

Vince diversi premi e la sua storia arriva all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Da quel momento la sua vita cambia radicalmente. Poco dopo viene contattato dal Comitato Paralimpico Internazionale per far parte della prima squadra paralimpica indipendente a Rio.

Ibrahim ce l’ha fatta. Oggi rappresenta, insieme ad altri atleti, la Squadra Paralimpica Rifugiati ai Giochi di Tokyo, insegnandoci che nella vita tutto è possibile. 

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FONTE: International Paralympic Committee

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