Ashleigh Barty è la seconda australiana indigena a vincere il titolo di singolo di Wimbledon, non succedeva da cinquant'anni
Una vittoria storica quella di Ashleigh Barty a Wimbledon e non solo, perché l’Australia non si aggiudicava il titolo dal 2002, non solo perché l’ultima volta che una donna australiana aveva vinto era stato più di cinquant’anni fa, ma soprattutto perché la venticinquenne è la seconda donna indigena a salire sul podio del torneo di tennis più prestigioso del mondo.
Sabato scorso, Ashleigh Barty è diventata la tennista numero 1 al mondo, battendo la ceca Karolina Pliskova nella finale femminile. La sua vittoria rappresenta un momento importante anche per le Prime Nazioni (o First Nations), i popoli indigeni dell’attuale Canada che per anni, hanno subito l’assimilazione culturale forzata.
La prima donna indigena a vincere era stata Evonne Goolagong Cawley e nel cinquantesimo anniversario da quel momento, il testimone è passato ad Ash che aveva scelto proprio l’ex tennista come suo mentore.
🇦🇺 @ashbarty 🤝 Evonne Goolagong Cawley 🇦🇺
Whether it's 2021 or 1971, you always remember your first…#Wimbledon pic.twitter.com/djzUM8Buft
— Wimbledon (@Wimbledon) July 10, 2021
L’Australia ha sempre avuto difficoltà a celebrare il successo sportivo indigeno, ma la giovane atleta è riuscita a rompere gli schemi con la sua tenacia, bravura e grande spirito di sacrificio perché, nonostante i vari infortuni all’anca, Ash non ha mai mollato dimostrando, se mai ci fosse bisogno di ulteriore conferma, come le donne indigene lottano per i loro obiettivi. L’atleta discende dai Ngaragu, un popolo australiano aborigeno a lungo perseguitato, per questo nel 2018, Ash è diventata anche ambasciatrice indigena di tennis australiano.
Sin da bambina, l’atleta aveva il sogno di vincere Wimbledon. Quando aveva sette anni aveva però deciso di lasciare il tennis. Ma un messaggio inaspettato di Evonne Goolagong Cawley l’aveva spinta a ripensarci.
“Spero di aver reso Evonne orgogliosa”, ha detto in lacrime la 25enne nella sua intervista post partita durante la quale ha indossato un outfit ispirato a quello indossato da Goolagong Cawley cinquant’anni fa.
“Evonne è una persona molto speciale nella mia vita. Penso che sia stata un’icona nell’aprire la strada ai giovani indigeni per credere nei loro sogni e per inseguirli. Ha fatto esattamente questo anche per me”.
Leggi anche:
- La storia delle centinaia di donne indigene che hanno bloccato una miniera per un anno intero, in difesa delle terre ancestrali
- Cholitas: le donne indigene boliviane conquistano la vetta più alta d’America per la libertà e l’emancipazione femminile
- Le donne indigene che rischiano la vita per salvare l’Amazzonia dalle lobby del petrolio
- Lei si chiama Rosalie Fish, è un’atleta e corre per denunciare femminicidi e abusi sulle indigene americane