La coordinazione (non sempre riuscita) fra le varie aree del cervello sarebbe alla base dei nostri livelli di concentrazione, come dimostra questo studio
La concentrazione è uno dei beni più rari e preziosi del nostro tempo. Siamo costantemente bombardati da rumori, notifiche dei social network, messaggi, telefonate, impegni da ottemperare – e mantenere la nostra attenzione fissa su un’unica azione sembra impossibile.
In un contesto così dinamico, non sorprende che la ricerca scientifica si sia impegnando per comprendere quali siano i meccanismi che regolano i nostri livelli di concentrazione.
Per esempio, quali sono i meccanismi cerebrali che aiutano le persone a separare ciò che è importante da ciò che lo è meno e a prestare attenzione in mezzo a tante distrazioni? Una risposta a questo interrogativo l’hanno trovata alcuni neuroscienziati statunitensi.
Lo studio
Per compiere un gesto anche semplice, come prendere in mano un bicchiere e poggiarlo sul tavolo, i muscoli coinvolti in quest’azione sono numerose.
In modo analogo alle azioni fisiche, che prevedono il coinvolgimento e il coordinamento di diverse parti del corpo, anche per le azioni mentali è possibile coordinare diverse forme di attenzione, eliminandone altre.
Per dimostrarlo, gli autori dello studio hanno coinvolto un gruppo di volontari, a cui sono stati assegnati alcuni compiti cognitivi, di varia intensità chiusi in una stanza dove una massa vorticosa di punti verdi e viola in movimento veniva proiettata sulle pareti.
I compiti, di varia difficoltà, prevedevano la distinzione tra il movimento e i colori dei punti. Ad esempio, ai partecipanti di un esercizio è stato chiesto di selezionare quale colore fosse prevalente per i punti in rapido movimento quando il rapporto tra viola e verde era quasi 50/50.
Durante lo svolgimento di questi esercizi, l’attività cerebrale dei partecipanti veniva monitorata attraverso l’utilizzo di strumentazioni specifiche.
Si è dimostrato che due regioni del cervello, corteccia anteriore e lobo parietale, lavorano insieme durante questi tipi di compiti. Queste due regioni sono separate fra loro dal solco intraparietale, che funziona un po’ come una manopola per la sintonizzazione radiofonica.
Quando la corteccia cingolata anteriore riconosce che, ad esempio, il movimento rende il compito più difficile, dirige il solco intraparietale per regolare la manopola di filtraggio per ridurre la sensibilità al movimento.
Nel frattempo, le altre regioni del cervello sono meno interessate allo svolgimento del computo e, quindi, risultano come “inattive” se la concentrazione è indirizzata al massimo verso quella specifica azione.
Questo studio dimostra che, quando le persone parlano dei limiti della propria mente, spesso si tratta di limiti fasulli dettati solo da condizioni di scarsa concentrazione: coordinare le attività di diverse regioni del cervello può non essere così semplice come si pensa.
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Fonte: Nature Human Behaviour
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