Vitamina D: scoperto nuovo effetto benefico per le persone che soffrono di diabete e assumono questo farmaco

Buoni livelli di vitamina D sono importanti per il nostro benessere ma ora un nuovo studio ha scoperto che un'integrazione può essere fondamentale per le persone che soffrono di diabete e assumono un determinato farmaco. La vitamina D aiuterebbe infatti ad evitare la perdita ossea favorita dall'assunzione di canagliflozin, un inibitore dell'SGLT2

Dei benefici della vitamina D abbiamo parlato più volte, questa tra le altre cose è fondamentale per la salute delle ossa. Chi soffre di diabete di tipo 2 e assume canagliflozin, un farmaco comunemente prescritto per questa malattia, può beneficiare particolarmente di un’integrazione con vitamina D.

Questa, secondo lo studio che verrà presentato alla conferenza dell’American Physiological Society (APS) e dell’American Society for Nephrology Control of Renal Function in Health and Disease a Charlottesville, in Virginia, aiuta infatti a compensare la dannosa perdita ossea che si verifica in alcune persone che assumono tale farmaco.

Una classe di farmaci per il diabete, gli inibitori SGLT2,  sono in grado di rallentare la progressione della malattia renale correlata al diabete e sono spesso prescritti alle persone che soffrono di questa malattia e hanno un alto rischio di sviluppare malattie renali e cardiache. Di contro, però, alcuni studi hanno scoperto che gli inibitori SGLT influiscono negativamente sulla salute delle ossa, accelerando la perdita di densità minerale e ostacolando l’attivazione della vitamina D da parte dell’organismo.

Una pericolosa combinazione di fattori che può aumentare il rischio di fratture ossee. Come risolvere questa situazione? Secondo i ricercatori della University of Maryland School of Medicine, le persone che hanno livelli di vitamina D inferiori al normale (e quindi un rischio ancora maggiore di perdita ossea e possibile frattura quando prendono farmaci inibitori SGLT) dovrebbero assumere integratori di vitamina D.

Per arrivare ad affermare questo, il team di ricerca ha studiato gli adulti di una comunità Amish del Vecchio Ordine a Lancaster, in Pennsylvania. I ricercatori hanno spiegato di aver scelto questa popolazione per la disponibilità di ampi dati di sequenziamento genetico, ma anche perché il latte fresco di fattoria che bevono molte persone della comunità Amish non è fortificato con vitamina D (a differenza di quello venduto nei supermercati Usa). Pertanto è più probabile che gli Amish assumano meno vitamina D dalla loro dieta rispetto alla popolazione generale negli Stati Uniti.

I volontari, alcuni dei quali avevano livelli preesistenti di vitamina D bassi, hanno assunto canagliflozin per 5 giorni prima e dopo aver ricevuto integratori di vitamina D. I ricercatori hanno così scoperto che nelle persone carenti di vitamina D, il canagliflozin ha portato a una diminuzione significativa (31%) dei livelli di un metabolita utilizzato per misurare i livelli di vitamina D, ma una diminuzione molto più piccola (7%) in quelli con un normale livello di vitamina D. Gli integratori hanno quindi aumentato i livelli di ormone paratiroideo, che regola i livelli di calcio nel sangue e i livelli di vitamina D nelle ossa.

Lo studio a breve termine sugli integratori di vitamina D per contrastare gli effetti negativi degli inibitori SGLT2 sulla salute delle ossa ha mostrato insomma risultati promettenti, ma sono ovviamente necessarie ulteriori ricerche e su un campione più ampio di persone per poter confermare i risultati ottenuti.

Come ha dichiarato Zhinous Yazdi, autore principale dello studio:

Sarà necessario un follow-up a lungo termine per determinare se questa perdita accelerata di densità minerale ossea si tradurrà alla fine in un aumento del rischio di frattura ossea nel corso di 10-20 anni di terapia cronica. Di conseguenza, raccomandiamo ai pazienti e ai medici di considerare la possibilità di assumere integratori di vitamina D per ripristinare il normale stato di vitamina D nei pazienti carenti di vitamina D che ricevono (o che riceveranno) inibitori SGLT2.

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Fonte: American Physiology society 

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