Vitamina D: l’importanza del sole e i miti da sfatare

La vitamina D è una sostanza piuttosto anomala. A differenza di altre vitamine, si comporta come se si trattasse di un ormone

La vitamina D è una sostanza piuttosto anomala. A differenza di altre vitamine, si comporta come se si trattasse di un ormone. Viene definita come un gruppo costituito da 5 pro-ormoni liposolubili, identificati nelle vitamine D1, D2, D3, D4 e D5. È necessario assumere determinati alimenti o integratori per assicurare il nostro fabbisogno quotidiano di vitamina D?

La questione è molto delicata. Quando pensiamo alla vitamina D, richiamiamo alla mente cibi come i latticini, le uova, l’olio di fegato di merluzzo, il salmone o altri pesci che contengono una forma alimentare di vitamina D, oppure integratori da dover assumere per far fronte ad una carenza. Non tutti sono a conoscenza di come sia sufficiente una regolare esposizione alla luce del sole, anche di circa 10 minuti al giorno, per permettere al nostro organismo la produzione della vitamina D necessaria al suo corretto funzionamento.

L’integrazione di vitamina D dovrebbe essere consigliata soltanto in caso di reali carenze, di partucolari condizioni di salute o momenti della vita, e di impossibilità ad un’esposizione regolare alla luce solare, un’eventualità che colpisce soprattutto gli abitanti dei Paesi nordici. È infatti nel momento in cui i raggi solari colpiscono la nostra pelle che il nostro corpo può iniziare a sintetizzare la vitamina D. La vitamina D che ricaviamo dall’esposizione alla luce solare viene trasformata dal nostro corpo in una forma di vitamina D superattiva utile nella prevenzione di numerose malattie.

L’argomento vitamina D in correlazione all’importanza dell’esposizione alla luce solare e agli aspetti correlati alla prevenzione viene approfondito all’interno di The China Study, volume dedicato ad uno studio approfondito sull’impatto dell’alimentazione contemporanea in relazione alle malattie del benessere condotto da parte dell’esperto di fama internazionale T. Colin Campbell, e nel corso del documentario che porta il titolo di “A Delicate Balance”, incentrato sul delicato equilibrio tra alimentazione e salute, disponibile per la visione online nella versione italiana (linkaffiliazione).

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In “The China Study” la vitamina D viene definita come una sostanza che non è necessario consumare, dunque assumere attraverso l’alimentazione. Un periodo di esposizione al sole pari a 15-20 minuti ogni due giorni permette infatti al nostro organismo di produrne la quantità necessaria. A partire da essa, il nostro organismo sintetizza una forma di vitamina D “superattiva”, utile nella prevenzione di malattie come il cancro, l’osteoporosi, le patologie autoimmuni, e non solo.

La vitamina D superattiva, che ne rappresenta la forma più importante, non può essere ottenuta tramite l’alimentazione o l’assunzione di integratori. È il nostro organismo a svilupparla, quando si trova in condizioni di buona salute. Quali sono i fattori che possono ostacolare la produzione di vitamina D superattiva da parte del nostro organismo?

L’insufficiente esposizione al sole, innanzitutto, ma non solo. Campbell indica ulteriori aspetti che potrebbero lasciare stupiti molti. Si tratta dell’assunzione di alimenti che arrestano la produzione di vitamina D superattiva: latticini e cibi contenenti proteine animali. Le proteine animali, oltre che nel latte e nei formaggi, sono contenute in tutti i derivati del latte, nella carne, nel pesce e nelle uova. Questi alimenti, sebbene possano contenere una forma di vitamina D alimentare, impediscono la produzione da parte dell’organismo della vitamina D superattiva.

Che cosa accade quando i livelli di vitamina D superattiva nell’organismo sono costantemente bassi? Una simile situazione ci espone al rischio di numerose patologie, con particolare riferimento ai tumori. Se gli alimenti di origine animale, alcuni dei quali vengono comunemente considerati fonti di vitamina D a cui ricorrere, comportano un blocco della produzione della vitamina D nella forma più attiva da parte del nostro organismo, ne consegue che l’assunzione di tali cibi non risulta benefica per incrementare i livelli di vitamina D e che il metodo migliore per mantenersi in salute da tale punto di vista consiste nell’esposizione regolare alla luce solare.

Un caso particolare è costituito dalle donne in gravidanza o allattamento e dai neonati. Durante gravidanza e allattamento l’integrazione di vitamina D è obbligatoria? Un testo di riferimento utile in proposito è costituito dal volume “Figli Vegetariani”, del medico specializzato in pediatria Luciano Proietti. L’esperto sottolinea l’importanza di favorire l’assorbimento della vitamina D a livello intestinale tramite l’esposizione alla luce del sole.

Ciò permette di evitare il rachitismo, una patologia che può presentarsi nei bambini e causare malformazioni a livello scheletrico e osseo. A suo parere, il fabbisogno alimentare di vitamina D dipende dalla quantità dell’esposizione alla luce solare. I lattanti dovrebbero essere esposti alla luce solare da 30 minuti a 3 ore alla settimana. Inoltre, l’assunzione di vitamina D tramite integratori nei lattanti potrebbe essere causa di sovradosaggio e di un eccessivo accumulo di calcio nell’organismo.

Durante la gravidanza e l’allattamento, sia le madri che i bambini, per una maggiore sicurezza, dovrebbero tenere sotto controllo i livelli di vitamina D e valutare con un esperto la necessità di incrementare l’esposizione alla luce solare o di ricorrere eventualmente ad integratori o ad alimenti fortificati, in dosaggi adeguati, solitamente prescritti per prevenire il rachitismo neonatale. È bene infine sapere che, in condizioni normali, la vitamina D viene accumulata nell’organismo, e che quella prodotta durante i mesi estivi, grazie ad una maggiore esposizione alla luce solare, è generalmente sufficiente anche per il periodo invernale.

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