Violenza ostetrica: abbattiamo il muro del dolore silenzioso, i racconti dei parti traumatici delle nostre lettrici

Di violenza ostetrica si parla ancora molto poco, ma i casi nel nostro Paese sono davvero troppi. Lo dimostrano le drammatiche testimonianze delle nostre lettrici hanno subito questo trauma, soffocando il loro dolore.

Per 4 mamme italiane su 10 il parto, che dovrebbe essere uno dei momenti più emozionanti della propria vita, diventa un’esperienza traumatica a causa della violenza ostetrica. Un incubo che non è facile dimenticare, anzi impossibile, perché la sala parto si trasforma in una stanza delle torture, dove le donne sono vittime di umiliazioni verbali, insulti e abusi fisici da parte degli operatori sanitari. Un trauma che segna profondamente una persona a livello psicologico e fisico.

Molto spesso, una neomamma si rende conto in un momento successivo di ciò che ha subito e per superare quella terribile esperienza si ritrova costretta a rivolgersi a uno psicoterapeuta. La violenza ostetrica rappresenta una forma di dolore che in molti casi resta soffocata nel silenzio e non viene denunciata e questo fenomeno interessa tante (troppe!) donne. La prova è che a circa un paio di ore dalla pubblicazione di un nostro articolo su questo tema – che ci sta molto a cuore – sui canali social, sono arrivate decine di testimonianze di mamme che hanno subito questa tortura. Per accendere i riflettori sulla violenza ostetrica e restituire dignità alla sofferenza delle donne abbiamo selezionato alcuni drammatici racconti.

Leggi anche: Parto traumatico, umiliazioni e vessazioni: che cos’è la violenza ostetrica e perché bisogna parlarne

Le testimonianze delle nostre lettrici

“L’ho provato sulla mia pelle quando ho partorito la prima volta, è stato terribile! Mi hanno lacerato e mi hanno dato tantissimi punti senza anestesia! Sono trascorsi quasi 28 anni e mi vengono i brividi…”  scrive una nostra lettrice. 

“Finalmente si parla di questo increscioso problema. Il mio primo parto fu un attentato alla mia vita ed a quella di mio figlio….che dire? Ridotta in fin di vita per ginecologi incapaci, insensibili non meritevoli di stare neanche in un mattatoio. Titolari di una nota clinica” racconta un’altra donna 

“Confermo per il primo figlio (22 anni fa) l’ostetrica che mi ha preso in carica una vera cafone e la prima visita di controllo durante il travaglio sono saltata sul lettino, ho avuto un travaglio lungo quindi sono passata sotto un’altra ostetrica che era un tesoro. Purtroppo sono poi di nuovo ripassata sotto la prima ostetrica e nonostante gli avessi ricordato che avevo (ho mi aveva) avuto male non dico come mi ha risposto” commenta un’altra utente 

“Per la prima figlia ho subito sia l’episiotomia e le spinte sulla pancia (mi spingevano in due) tra l’altro senza benefici!”: si legge in una testimonianza

“Vissute tutte, tranne la seconda e l’ultima. Avessi saputo prima avrei denunciato” racconta un’altra lettrice 

Queste testimonianze, però, sono soltanto la punta dell’iceberg di un problema di cui si parla ancora pochissimo.

Che fare in caso di violenza ostetrica

Nel nostro Paese sono ancora poche le tutele per combattere la violenza ostetrica. Nel 2010 ci fu un Accordo Stato-Regioni per la riduzione del taglio cesareo, così come nel 2016 il disegno di legge Zaccagnini intendeva far riconoscere la violenza ostetrica reato (ma è rimasto una proposta di legge mai approvata), o l’istituzione del Comitato Percorso Nascita Nazionale nel 2018.

A livello territoriale qualche passo in avanti è stato fatto: in Emilia-Romagna è nato il sito “Nascere in Emilia-Romagna”, per dare tutte le informazioni necessarie per una scelta consapevole sul luogo del parto (ospedale, domicilio o casa di maternità) o in Trentino c’è il “percorso nascita“ prevede la tempestiva presa in carico della partoriente da parte di un’ostetrica dedicata, che seguirà la gravidanza fino ad anche otto settimane dopo il parto.

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