Scoperto un trattamento salvavita per gli attacchi di cuore all'interno di una fonte quanto mai improbabile - il veleno di un ragno
I ricercatori australiani hanno scoperto un trattamento potenzialmente salvavita per gli attacchi di cuore all’interno di una fonte quanto mai improbabile – il veleno di uno dei ragni più pericolosi al mondo.
La spiaggia di Fraser, in Australia, è considerata una delle più pericolose del pianeta: nascosti sotto la sabbia infatti vivono i ragni più pericolosi al mondo per l’uomo, in grado di uccidere con il loro morso velenoso. Tuttavia proprio il veleno di questo pericolosissimo animale, se usato correttamente, potrebbe salvare la vita di tante persone. I ricercatori australiani del Victor Chang Cardiac Research Institute, in collaborazione con l’università di Queensland hanno infatti isolato una molecola proveniente dal veleno di questo ragno, che sarebbe in grado di prevenire i danni causati da un infarto e allungare l’aspettativa di vita nelle persone che hanno subito un trapianto di cuore. Questo non solo aiuterà centinaia di migliaia di persone che hanno un infarto ogni anno, ma potrebbe anche aumentare il numero e la qualità dei cuori donati e dare una speranza a tutti quelli che stanno aspettando un trapianto.
Dopo un infarto il sangue che fluisce verso il cuore si riduce e ne deriva una mancanza di ossigeno al muscolo cardiaco che causa l’inacidimento dell’ambiente cellulare e innesca il segnale che dà avvio alla morte delle cellule. Malgrado decenni di ricerca in questo campo nessuno fino ad ora era stato in grado di sviluppare un farmaco che fermasse questo segnale, che rappresenta una delle ragioni per cui gli infarti conducono spesso alla morte.
(Leggi anche: Infarto: 20 sintomi da non sottovalutare)
I ricercatori hanno messo a punto una proteina chiamata Hi1a, efficace nel contrastare la morte delle cellule cardiache in conseguenza all’infarto: questa proteina proveniente dal veleno di ragno blocca i canali ionici di percezione dell’acidità nel cuore e impedisce il segnale di morte per le cellule – con un importante allungamento della prospettiva di vita dei pazienti. Questa proteina potrebbe migliorare anche la qualità dei cuori impiantati nei pazienti e allungare il tempo a disposizione per effettuare il trapianto: infatti, se il cuore ha smesso di battere da più di trenta minuti, non è più utilizzabile per un nuovo paziente. Guadagnare anche solo dieci minuti in più potrebbe fare la differenza fra il salvare una vita e lo sprecare una possibilità preziosa.
Questa proteina ha dimostrato di migliorare anche il recupero dopo un ictus, riducendo i danni al cervello anche se somministrata alcune ore dopo l’evento traumatico. Per questo motivo si pensa di dotare le ambulanze di questo tipo di farmaco, in modo che possa essere utilizzato tempestivamente e che possa fare davvero la differenza – soprattutto nel primo soccorso in aree lontano da ospedali e centri medici.
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Fonti: Circulation / Victor Chang Institute
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