Sebbene la solitudine sia stata collegata a un maggiore rischio di malattie, nuove scoperte genetiche rivelano che potrebbe essere più un segnale di allarme che un fattore scatenante diretto.
La solitudine è una risposta emotiva nella quale l’individuo tende a isolarsi di sua spontanea volontà oppure a causa di vicende personali o accidentali della vita, ed è stata spesso associata a diverse malattie.
Ora in un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour, i ricercatori hanno utilizzato un ampio campione di coorte (476.100 partecipanti della Biobanca britannica) sottoposto ad un ampio follow-up (mediana 12,2 anni, intervallo 10,6-13,8 anni) per svelare le associazioni tra i sentimenti soggettivi di solitudine e il conseguente rischio di malattie.
Mentre un numero crescente di prove osservazionali suggerisce un’associazione tra solitudine e aumento del rischio di molteplici malattie, lo studio ha utilizzato la randomizzazione mendeliana (MR) per testare formalmente l’ipotesi e affrontare la potenziale causalità inversa e i fattori confondenti.
I risultati hanno rivelato una discrepanza significativa tra i risultati dell’analisi osservativa e genetica. Mentre le prove osservazionali evidenziavano un’associazione tra la solitudine e l’aumento del rischio di contrarre almeno 30 delle 56 malattie individuali testate in 13 delle 14 categorie di malattie, i dati genetici non hanno verificano la presenza di una relazione causale tra questi fattori.
Le prove genetiche suggeriscono, invece, che la solitudine può fungere da potenziale indicatore surrogato dell’incidenza di malattie preesistenti, piuttosto che da catalizzatore per la genesi della malattia. Nello specifico, l’analisi genetica ha identificato solo potenziali relazioni causali tra la solitudine e sei malattie specifiche – ipotiroidismo, asma, depressione, abuso di sostanze psicoattive, apnea notturna e perdita dell’udito – delle 26 malattie analizzate.
Lo studio
La coorte finale dello studio comprendeva 476.100 partecipanti (54,6% donne) con un’età media di 56,5 anni. Le statistiche riassuntive hanno rivelato che 23.136 (4,9%) partecipanti avevano punteggi dell’indice di solitudine indicativi di solitudine.
Questi partecipanti avevano maggiori probabilità di essere donne, obesi, con livelli di istruzione più bassi, abitudini malsane (ad esempio, fumo) e scarsa attività fisica.
Come previsto, le prove osservazionali hanno stabilito un’associazione tra solitudine e rischi di malattie multiple; infatti, la solitudine è stata spesso associata al rischio di sviluppare disturbi mentali e comportamentali, malattie infettive e difficoltà respiratorie. Ad esempio, il disturbo da stress post-traumatico (Hazard Ratio aggiustato – aHR = 2,18), depressione (aHR = 2,15), ansia (aHR = 1,82), schizofrenia (aHR = 1,81) e malattia polmonare ostruttiva cronica (aHR = 1,51) erano le condizioni più spesso ricorrenti con la solitudine.
Sorprendentemente, tuttavia, l’analisi genetica della risonanza magnetica ha rivelato una relazione causale minima o nulla tra la solitudine e molteplici rischi di malattie. Delle 26 malattie esaminate con i punteggi GWAS, solo 6 hanno ottenuto un’associazione statistica borderline con la solitudine, sottolineando la discordanza tra prove osservazionali e genetiche.
I risultati dello studio hanno confermato la relazione osservativa tra i fattori ma non sono riusciti a fornire una causalità genetica per gli stessi. Ciò suggerisce che la solitudine è probabilmente un indicatore surrogato di una malattia asintomatica sottostante, piuttosto che una causa diretta dell’insorgenza o della progressione della malattia.
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Fonte: Nature Human Behavior
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