Scoprire il tumore all’ovaio fino a 6 anni prima con un innovativo Pap test

Una nuova procedura che usa il comune Pap test ma che impiega nuove tecnologie di sequenziamento del Dna consentirà la diagnosi precoce del tumore ovarico.

Diagnosticare un tumore grave e silente come quello ovarico con quasi 6 anni di anticipo: è la svolta tutta italiana per la diagnosi precoce del carcinoma dell’ovaio, che troppo spesso si scopre in ritardo. Si tratta di una procedura che utilizza il comune Pap test ma che impiega nuove tecnologie di sequenziamento del Dna.

Con una sperimentazione avviata su 17 donne, la ricerca è stata pubblicata su Jama Network Open e condotta dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs di Milano, in collaborazione con l’Ospedale San Gerardo di Monza e l’Università di Milano-Bicocca, con il supporto della Fondazione Alessandra Bono onlus.

I ricercatori sono partiti dalla identificazione nei Pap test delle pazienti che in anni successivi avrebbero sviluppato un tumore ovarico di alcune tracce della proteina p53 alterata, la stessa mutazione che si può ritrovare nel tumore.

Il carcinoma ovarico è il sesto carcinoma più diffuso tra le donne e rientra fra le prime 5 cause di morte per tumore tra quelle in età tra 50 e 69 anni. Se viene diagnosticato in stadio iniziale la sopravvivenza a 5 anni è del 75-95%.

Lo studio

I ricercatori sono partiti dall’ipotesi che dalla tuba di Falloppio, dove nascono la maggior parte dei carcinomi sierosi di alto grado dell’ovaio, si potevano staccare sin dalle primissime fasi alcune cellule maligne. Sono le cosiddette cellule “spia” che, una volta nel collo dell’utero, potevano essere prelevate con un esame di screening come il Pap test. Il materiale poteva poi essere sottoposto ad analisi ulteriori, dal momento che già dalle prime fasi della genesi tumorale le cellule acquisiscono delle mutazioni particolari nel loro stesso Dna e a carico della proteina Tp53. Il gene corrispondente è considerato un “guardiano” del genoma, perché, se alterato, guida le fasi successive della trasformazione di una cellula sana a cellula malata.

Il dato più interessante – dice Maurizio D’Incalci, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Mario Negri – è che abbiamo dimostrato la presenza di Dna tumorale, che deriva dal carcinoma ovarico, in Pap test prelevati in pazienti affette da tumore ovarico anni prima della diagnosi di carcinoma dell’ovaio. Questo ci indica che già 6 anni prima le analisi molecolari messe a punto oggi avrebbero potuto consentire teoricamente di diagnosticare il tumore. Credo che l’applicazione di questo test possa salvare moltissime vite umane”.

In alcuni casi in cui erano disponibili diversi Pap test eseguiti 6 e 4 anni prima alla stessa paziente – riferiscono gli studiosi – è stata identificata “in modo inequivocabile” la stessa mutazione clonale della proteina p53 che si ritrova nel tumore, e questo rafforza l’idea che si tratti di “alterazioni molecolari specifiche che sono alla base dello sviluppo della malattia”.

Ovviamente, concludono i ricercatori, c’è ancora tantissimo lavoro da fare per ottimizzare il test, ma questa prima fase apre comunque un ampio ventaglio di possibilità per contare presto su una possibile diagnosi precoce e migliorare così anche le percentuali di guarigione.

Fonte: Jama Network Open

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