I neuroscienziati hanno scoperto un’affascinante connessione tra la conservazione dei ricordi dei primi anni di vita e le traiettorie di sviluppo del cervello associate all’autismo.
“Le memorie dei primi anni di vita non sono andate perdute”: pietra miliare nella ricerca sulla memoria dello sviluppo nuovo studio rivoluziona la comprensione dell’autismo e dell’Alzheimer
La maggior parte di noi ricorda poco delle proprie esperienze prima dei due anni.
Questa forma di perdita di memoria, chiamata “amnesia infantile“, si riferisce alla perdita apparentemente completa dei ricordi episodici e autobiografici formatisi durante i primi anni di vita.
Il gruppo di ricerca del Trinity College di Dublino ha studiato come l’amnesia infantile viene influenzata dalle forme di autismo.
È noto che la risposta immunitaria materna, innescata in risposta all’infezione durante la gravidanza, contribuisce alla causa dell’autismo.
I neuroscienziati del Trinity riferiscono per la prima volta che questo stato alterato del cervello impedisce anche la consueta perdita di ricordi che si forma durante l’infanzia.
Il team dietro questa scoperta ha dimostrato che l’esposizione all’attivazione immunitaria materna, agisce come una salvaguardia contro la perdita di memoria evolutiva nei primi anni di vita, influenzando il modo in cui le cellule di memoria specializzate (engrammi) nel cervello funzionano.
Inoltre, lo studio ha rivelato che i ricordi normalmente dimenticati fin dall’infanzia possono essere ripristinati in modo permanente se vengono attivati gli engrammi di memoria corretti negli adulti (in questi esperimenti è stato utilizzato un approccio “optogenetico”, che utilizza la luce per innescare specifici percorsi neurali collegati agli engrammi di memoria dei bambini).
Questi risultati implicano che l’amnesia infantile derivi da un deficit di recupero, poiché i ricordi della prima infanzia sono ancora immagazzinati nel cervello adulto ma normalmente non è possibile accedervi attraverso il richiamo naturale.
Il dottor Ryan ha sottolineato:
L’amnesia infantile è forse la forma di perdita di memoria più diffusa e tuttavia sottovalutata negli esseri umani e nei mammiferi. Nonostante la sua diffusa rilevanza, si sa poco sulle condizioni biologiche alla base di questa amnesia e sul suo effetto sulle cellule engramiche che codificano ogni ricordo. Come società, diamo per scontato che l’oblio infantile sia un fatto inevitabile della vita, quindi gli prestiamo poca attenzione.
Queste nuove scoperte suggeriscono che l’attivazione immunitaria durante la gravidanza provoca uno stato alterato del cervello che altera i nostri “interruttori dell’oblio”, innati ma reversibili, che determinano se si verificherà l’oblio dei ricordi infantili.
Questo studio segna un’importante pietra miliare nella ricerca sulla memoria dello sviluppo, facendo luce sulla connessione tra la conservazione dei ricordi della prima infanzia e le risposte immunitarie materne associate al disturbo dello spettro autistico (ASD), ma anche all’Alzaheimer.
Sottolinea, inoltre, l’adattabilità della funzione cerebrale in risposta alle sfide ambientali durante lo sviluppo embrionale e postnatale iniziale.
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