Perché non dovresti preoccuparti troppo se non riesci a dormire almeno 7 ore di seguito

Le società preindustriali dormivano in maniera molto differente da noi con un sonno bifasico che prevedeva un risveglio a metà notte

Non riesci a dormire per  8 ore di fila come raccomandato dagli esperti? Niente paura, questa tipologia di riposo potrebbe essere decisamente sopravvalutata. Le prove scientifiche suggeriscono infatti che il sonno degli esseri umani una volta era discontinuo e si basava su due fasi. Ma qual è davvero il modo migliore per riposarsi?

Le attuali linee guida sul sonno della National Sleep Foundation raccomandano che l’adulto medio dorma dalle sette alle nove ore ogni notte. In realtà, molte persone non riescono affatto a dormire per così tanto tempo o tutte queste ore di fila. Ciò potrebbe essere una conseguenza del nostro passato, o meglio di quello dei nostri antenati.

Per gli uomini che vivevano nell’era preindustriale, il sonno era una faccenda completamente diversa. Lo storico Roger Ekirch,  professore alla Virginia Tech negli Stati Uniti, in uno studio pubblicato su The American Historical Review scrive che fino all’era moderna, nel corso della notte, la maggior parte degli europei occidentali facevano un’ora o più di veglia.

Ma la cosa più strabiliante è che durante quei momenti di veglia tra un sonno e l’altro, si svolgeva una sorta di mini-giornata:

“le famiglie si alzavano dal letto per urinare, fumare tabacco e persino visitare i vicini. Rimanendo a letto, molte persone facevano l’amore, pregavano e, cosa più importante, riflettevano sui sogni che tipicamente precedevano il risveglio dal loro ‘primo sonno'” scrive il professor Ekirch.

In altre parole, il sonno segmentato (o bifasico) era la norma. Sembra quindi che dormire tante ore di fila sia una tendenza relativamente recente.

La storia del sonno

Per arrivare ad affermare che in passato il momento del sonno era molto differente da oggi, Ekirch ha analizzato una grande varietà di fonti (diari, deposizioni, letteratura, ecc.) che citavano le modalità di riposo degli esseri umani che vivevano prima del XVIII secolo.

Lo storico ha evidenziato così che il segmento del sonno iniziale era spesso indicato come il “primo sonno”. Il secondo periodo di sonno, invece, veniva indicato come il “secondo” o “sonno mattutino”. Entrambe le fasi duravano all’incirca la stessa quantità di tempo.

Ma come mai nel corso del tempo questo modello di sonno è cambiato?

Il professor Ekirch spiega che potrebbero essere stati i cambiamenti della vita moderna, decisamente più agiata e comoda. Nelle nostre stanze, infatti, abbiamo a disposizione la luce artificiale ogni volta che ne abbiamo bisogno e la temperatura è controllata. Questi potrebbero essere alcuni dei motivi che hanno “scollegato” il nostro sonno dai naturali ritmi quotidiani e stagionali.

Ekirch sostiene infatti che il modello di sonno delle società precedenti sia quello più adatto alla nostra natura e ai nostri bisogni.  Ma le ricerche scientifiche cosa dicono in proposito?

Gli studi scientifici sul sonno

Un team di antropologi ed etnografi ha scoperto che le culture non occidentali che vivevano senza luce artificiale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, sperimentavano ancora la “prima” e la “seconda” fase del sonno. In un esperimento, lo psichiatra Thomas Wehr ha voluto allora verificare cosa accadeva privando alcune persone della luce artificiale di notte per diverse settimane. Ha scoperto così che il loro sonno diventava bifasico e diviso solitamente in due periodi, della durata di diverse ore, con un intervallo di veglia di 1-3 ore tra di loro.

Approfittando della tecnologia moderna, e in particolare dei dispositivi da indossare al polso che misurano l’attività,  altri ricercatori hanno voluto monitorare i modelli di sonno dei moderni cacciatori-raccoglitori e agricoltori che vivono senza elettricità. L’obiettivo era scoprire le modalità di riposo nelle società che non hanno a disposizione luci artificiali.

I risultati di questi studi, però, sono stati contrastanti.  Una ricerca condotta in Tanzania, Namibia e Bolivia ha rilevato che le persone in ciascuna località avevano modelli di sonno simili, caratterizzati da un lungo periodo di riposo e nessuna prova di sonno segmentato.

Un altro studio pubblicato nel 2019 ha confrontato i modelli di sonno degli agricoltori nei villaggi indigeni (con e senza illuminazione elettrica) dell’isola di Tanna a Vanuatu, nazione insulare del Sud Pacifico. I ricercatori hanno scoperto che, nonostante la luce artificiale della sera ritardava e abbreviava il riposo, gli abitanti indigeni dell’isola avevano in gran parte un sonno monofasico e ininterrotto.

Tuttavia, uno studio del 2017 condotto su una società rurale priva di elettricità in Madagascar ha rilevato che gli abitanti del villaggio avevano un modello di riposo “sorprendentemente simile” al primo e al secondo modello di sonno. Dopo la mezzanotte, sia gli uomini che le donne del villaggio avevano un picco di attività nel 49% delle notti registrate (con il 43% degli abitanti che riferivano di essersi svegliati per usare il bagno).

Insomma, le ricerche sono arrivate a conclusioni contrastanti che potrebbero essere dovute anche a differenze di temperatura, durata della luce diurna e stile di vita. Dunque non è chiaro se il sonno segmentato sia  davvero il modo più naturale di dormire. Se le variabili sono tante, forse è vero che ognuno di noi ha la propria modalità per riposarsi al meglio.

Che ne pensate? Riuscireste a dormire, interrompendo il vostro sonno per 1 o più ore utili a fare altro?

Fonti: Discover Magazine / The American Historical Review

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