Occhio ai prazoli! Farmaci contro ulcera e reflusso gastrico pericolosi per la salute?

Ulcere, gastriti o semplice reflusso? Per combattere tutto questo si usano molto spesso i "prazoli", una famiglia di farmaci chiamati anche "inibitori della pompa protonica", con effetto antiacido. Che però uno studio condotto da un gruppo di ricerca statunitense mette sotto accusa. Un utilizzo eccessivo sarebbe collegato infatti a un rischio di morte prematura, che aumenterebbe in relazione alle dosi di farmaco assunte

I farmaci antiacido come Omeprazen® o Peptazol® utilizzati per alleviare ulcere, gastriti o semplice reflusso risulterebbero molto dannosi per la salute. A mettere sotto accusa i farmaci a base di “prazoli” (chiamati anche inibitori della pompa protonica) un gruppo di ricercatori statunitensi secondo i quali, un utilizzo eccessivo di queste sostanze aumenterebbe notevolmente il rischio di morte prematura.

I prazoli sono antiacidi proprio perché inibiscono la produzione di acido cloridrico da parte dello stomaco, dove avviene la seconda parte della digestione (dopo la masticazione).

Qui infatti agisce l’enzima gastrico H+/K+-ATPasi, che catalizza lo scambio tra gli ioni potassio (K+) e quelli idrogeno (H+), questi rilasciati all’esterno con un meccanismo di “pompaggio”, da cui il nome pompa protonica.

L’inibizione di questo enzima, ovvero la sua parziale disattivazione, implica un minore rilascio degli ioni idrogeno e quindi una maggiore acidità nello stomaco. Ed è proprio quello che fanno i prazoli, chiamati per questo ‘inibitori della pompa protonica’. La loro efficacia è ormai ampiamente dimostrata, ma gli esperti invitano comunque alla prudenza.

Il lavoro statunitense è stato pubblicato su Bmj Open a giugno 2017, e le sue conclusioni potrebbero allarmare molto, perché si parla di aumentato rischio di morte prematura, considerando anche che questi farmaci rientrano fra i rimedi usati più di frequente a spese dell’assistenza convenzionata, secondi soltanto ai farmaci per l’apparato cardiovascolare.

I prazoli

I prazoli sono una famiglia di molecole utilizzati per il trattamento di ulcera, reflusso gastrico o bruciore di stomaco che si diversificano per qualche atomo o gruppi di atomi, ma con comune effetto antiacido. I principi attivi più noti sono il pantoprazolo, l’omeprazolo, il lanzoprazolo e l’esomeprazolo. Sulla base del principio attivo e di qualche eccipiente, questi farmaci sono venduti con diversi nomi commerciali quali:

  • Pantoprazolo: Peptazol®, Nansen®, Pantopan®, Pantorc®, Pantecta®
  • Omeprazolo: Omeprazen®, Omolin®, Antra®, Protec®
  • Lanzoprazolo: Lanzox®, Limpidex®, Zoton®, Losec®, Mepral®
  • Esomeprazolo: Lucen®, Nexium®

I farmaci sono comunque venduti anche come generici, con il nome del principio attivo.

Lo studio

I ricercatori hanno condotto uno studio comparato su circa 350.000 utilizzatori di inibitori della pompa protonica (PPI) o altri farmaci con effetto antiacido (chiamati H2 antagonisti), confrontati a a loro volta con un numeroso gruppo di pazienti senza terapie specifiche in corso.

Gli autori del lavoro hanno da un lato osservato gli effetti collaterali dei farmaci, dall’altro seguito i pazienti fino a quasi sei anni dopo il trattamento, verificando che l’uso dei PPI era associato ad un aumentato rischio di morte rispetto all’uso degli H2 antagonisti.

Tale rischio è risultato inoltre aumentato nei pazienti senza particolari disturbi gastrointestinali, con un’associazione proporzionale tra la durata dell’esposizione e il rischio di morte (ovvero rischio aumentato con utilizzo prolungato).

Gli esperti ritengono le analisi significative e concludono che l’aumentato rischio di morte prematura è un dato affidabile, una realtà con la quale confrontarsi. Tradotto in numeri veri, i risultati indicano che ogni cinquecento persone che assumono gli inibitori di pompa protonica per un anno, c’è una persona che muore. Considerati i milioni di consumatori annui, si avrebbero migliaia di morti precoci.

prazolo pericoli2La figura mostra come la probabilità di sopravvivenza nei pazienti che assumono PPI sia inferiore a quelli che assumono diversi farmaci antiacidi (H2 Blockers) – Foto: BMJ Open

I precedenti

Il lavoro pubblicato su Bmj Open non è completamente nuovo, non è comunque il primo a parlare degli effetti collaterali di questi farmaci, spesso poco noti o comunque sottovalutati. Nel 2015 una review pubblicata su Canadian Medical Association Journal aveva fatto il punto della situazione, riportando quegli effetti indesiderati che si leggono anche sui foglietti illustrativi dei prazoli.

Alcuni di questi sono relativamente frequenti, altri rari o molto rari, ma anche in quest’ultimo caso (meno di 1 paziente ogni 10.000) si parla di numeri assoluti relativamente importanti considerando l’ampio uso di questi farmaci.

Tra gli effetti collaterali riportati si annovera in particolare acidità “di ritorno”, una sorta di iperacidità di reazione dovuta alla precedente inibizione, malassorbimento e conseguente carenza di vitamina B12, causata proprio dalle alterate condizioni di acidità, osteoporosi, forse dovuta alla ridotta disponibilità di calcio indotta dai farmaci se non addirittura da un’interazione tra i farmaci e il metabolismo delle ossa, e nefrite interstiziale acuta, gravissima malattia dei reni, questa comunque veramente molto rara e più frequente nella popolazione anziana.

L’utilizzo prolungato degli inibitori della pompa protonica è stato associato addirittura ad un aumentato rischio di demenza senile e in particolare del morbo di Alzheimer, chiaramente negli individui in età avanzata. Su questo i ricercatori hanno anche avanzato due inquietanti ipotesi: i farmaci potrebbero aumentare la produzione della proteina beta-amiloide, coinvolta nell’insorgenza del morbo, e/o incrementare il rilascio del GRP, il neurotrasmettitore che stimola la produzione di gastrina, l’ormone che regola la secrezione dello stomaco, ma che agisce anche da “moderatore delle funzioni cerebrali”, in particolare quelle legate a stress e ansia.

E non finisce qui. L’uso prolungato dei prazoli è risultato associato anche ad un aumentato rischio di infezioni di diversa natura, da quelle propriamente gastro-enteriche, anche molto gravi come quelle da Clostridium difficile e peritoniti, fino ad altre polmonari (Pneumonia). In quest’ultimo caso però, avvertono gli autori delle review, gli studi mancano di una valutazione dei pazienti affetti da reflusso gastroesofageo, a loro volta più soggetti a Pneumonia.

Il foglietto illustrativo di farmaci generici di questa famiglia (es. pantoprazolo), inoltre, riporta rari casi (1 su 10.000) di riduzione del numero delle piastrine, che può causare sanguinamento o ecchimosi più del normale, ma anche riduzione del numero dei globuli bianchi, che può portare a infezioni più frequenti, dato che spiegherebbe almeno in parte quanto riportato dalla review.

Prescrizioni eccessive

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Gli effetti collaterali sopra elencati sono quasi sempre associati ad utilizzi prolungati dei PPI, che invece non dovrebbero essere utilizzati per più di 4 settimane, salvo in rare eccezioni, valutate dai medici. Ma a quanto pare non è così, anzi, vengono a volte prescritti senza una reale necessità. Secondo una ricerca pubblicata nel 2008, tra il 25 e il 70% dei pazienti che assumono questi farmaci non è affetto da alcuna patologia per la quale questi sono primariamente indicati. E la situazione non sembra migliorare.

Un dato assurdo, che si associa da un lato ad un incredibile (e inutile) aumento di spesa pubblica, dall’alto all’incremento di effetti collaterali, anche gravi, che potrebbero essere evitati assumendo farmaci più adatti se non ad un semplice non utilizzo di farmaci.

Proprio a causa di questo “fenomeno”, i gastroenterologi hanno redatto un documento ufficiale, che indica i casi in cui la prescrizione è opportuna e smentisce alcune false indicazioni scientifiche. Tuttavia sembra che ancora oggi tali linee guida vengano spesso ignorate.

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La figura mostra che il rischio aumenti con l’aumentare della durata della terapia – Foto: BMJ Open

Rischi concreti?

Nomi che fanno paura anche solo ad essere pronunciati. Siamo realmente tutti (o quasi) in pericolo? In realtà leggendo attentamente lo studio statunitense, ci si rende conto di come i pazienti in cura con inibitori di pompa protonica fossero mediamente più anziani e complessivamente con maggiori problemi di salute (incidenze maggiori di diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari).

La ricerca, inoltre, si “limita” ad effettuare correlazioni, senza ricerche più approfondite sulle possibili cause di morte potenzialmente indotte dai PPI, almeno non sugli umani. Gli stessi autori scrivono che il meccanismo di tale associazione non è chiaro e comunque parzialmente studiato solo sui topi, e con risultati non decisivi.

“L’insieme dei risultati riportati in questo lavoro – scrivono gli autori – deve essere interpretata con la piena consapevolezza di uno studio osservazionale, dove i dati sono stati ricavati da interpretazioni statistiche, cosa che può risultare in limitazioni”.

Ciò non toglie che la statistica sia una scienza e che i numeri siano reali, e anche piuttosto importanti.

Quindi, se non si può di certo concludere che i prazoli inducano morte precoce, certo è che, come tutti i farmaci, debbano essere usati con cautela, e solo dove la probabilità del beneficio è largamente maggiore dei possibili effetti collaterali. Quindi non dove non servono.

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Roberta De Carolis

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