Dalle piante aromatiche che usiamo ogni giorno potrebbe arrivare una terapia contro i tumori. Lo studio

I ricercatori hanno mappato la via biosintetica della produzione di composti vegetali dall'azione antitumorale

Le piante aromatiche che usiamo per insaporire sughi e salse potrebbero aiutare la ricerca nella lotta contro i tumori.

Timolo, carvacrolo, timoidrochinone e altri alcoli monoterpenici presenti nel timo, nell’origano e in altre piante della famiglia delle Lamiaceae possiedono interessanti e note proprietà antinfiammatorie, antiossidanti, antibatteriche e antitumorali.

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L’impiego di queste sostanze nelle terapie contro il cancro non è però così semplice. All’interno delle piante, infatti, si trovano in piccole dosi e l’estrazione non è particolarmente efficiente e sostenibile.

Per ottenere dalle piante quantità di molecole idonee alla produzione di farmaci occorrerebbero infatti enormi quantità di materia prima vegetale, con conseguente consumo di suolo, acqua, energia e chiaramente questo aumenterebbe anche i costi.

Conoscere la struttura di tali sostanze e il modo in cui vengono prodotte dalla pianta può semplificare le cose, poiché permette di ottenere le stesse molecole con metodi più efficienti.

Un gruppo di ricercatori ha lavorato proprio su questo ed è riuscito a mappare il percorso biosintetico del timoidrochinone, molecola che sembra avere la maggiore azione nel bloccare lo sviluppo del tumore.

Ora che il percorso biosintetico è noto, i botanici e gli agronomi potrebbero sviluppare cultivar che producono quantità maggiori di queste sostanze; in alternativa si potrebbero incorporare questi composti in microrganismi come il lievito per amplificarne la produzione.

Lo studio portato avanti dai ricercatori della Purdue University, della Martin Luther University Halle-Wittenberg e della Michigan State University è solo un primo passo ma ora che è stata scoperta la chiave sarà possibile amplificare la produzione di queste molecole e, successivamente, creare farmaci per la terapia antitumorale.

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Fonte di riferimento: PNAS

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