Gravidanza e miscele chimiche: secondo un nuovo studio i rischi sono alti e provocano alterazioni dello sviluppo sul nascituro
PFAS, pesticidi o comunque in generale i composti chimiche fanno parte ormai della nostra quotidianità ed oltre ad essere terribilmente nocivi per l’ambiente, sono altamente pericolosi per la salute umana ed il rischio dell’esposizione del nostro organismo a queste sostanze è ancora più alto quando si parla di neomamme, come già dimostrato da molte ricerche. Un recente studio svedese ha però scoperto che tale esposizione altera il sistema endocrino ed ha delle ripercussioni sullo sviluppo del cervello del feto e sull’acquisizione del linguaggio.
Alla ricerca, chiamata SELMA e pubblicata sulla rivista scientifica ScienceDaily, hanno partecipato 2.000 neomamme, dimostrando che quasi il 54% di queste donne in gravidanza sarebbe a rischio di sviluppare disturbi endocrini provocati dall’esposizione a sostanze chimiche con cui il corpo viene a contatto tramite l’aria, l’acqua e non per ultimo il cibo. Parliamo di componenti chimici presenti anche in prodotti di uso comune come detergenti, vernici, confezioni di plastica, flaconi.
Anche i neonati delle 2.000 mamme sono stati seguiti fino al 30° mese di vita, riscontrando non poche alterazioni.
Gli esperti hanno fatto riferimento alle informazioni raccolte dal progetto quinquennale EDC-MixRisk della Commissione europea dove 12 università straniere hanno osservato e valutato i rischi degli effetti degli interferenti endocrini sui bambini, sostanze chimiche che “possono alterare il normale equilibrio ormonale accendendo, spegnendo oppure modificando i segnali inviati dagli ormoni, causando effetti avversi in un organismo, nella sua discendenza o in un sotto gruppo di popolazione”, come spiegato dall’Istituto superiore di sanità.
Sulla base di questi dati i ricercatori del SELMA hanno poi diviso lo studio in 3 fasi seguendo metodi sperimentali e computazionali. Nella prima hanno analizzato i campioni di urine e di sangue delle donne in gravidanza esposte a concentrazioni di bisfenoli, ftalati e PFAS ed hanno notato nei loro piccoli un ritardo nello sviluppo della facoltà del linguaggio. La seconda fase ha avuto luogo in laboratorio dove gli esperti hanno studiato la regolazione neuroendocrina, osservando le alterazioni ed i geni responsabili di disabilità intellettiva e autismo per poi fornire una valutazione finale dei rischi.
Le alterazioni degli ormoni tiroidei sono stati monitorati con particolare attenzione, essendo fondamentali per la crescita e lo sviluppo del cervello. Così come le loro mamme, anche il 54% dei bimbi dello studio SELMA sarebbe perciò vulnerabile e a rischio.
Fonte: ScienceDaily
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