Nuova scoperta che riguarda gli effetti dannosi dell’esposizione ai Pfas per la nostra salute: queste sostanze aumentano il rischio cardiovascolare
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Nuova scoperta che riguarda gli effetti dannosi dell’esposizione ai Pfas per la nostra salute. Secondo una ricerca italiana questi sarebbero in grado di alterare la coagulazione del sangue e di conseguenza aumentare il rischio cardiovascolare.
Un team dell’università di Padova, con a capo il professore di endocrinologia Carlo Foresta, ha indagato il rapporto tra inquinamento da Pfas e salute umana scoprendo un dettaglio non di poco conto.
Come saprete, i Pfas sono presenti in tanti prodotti di uso comune, l’industria li adopera in quanto emulsionanti e tensioattivi ad esempio in vernici e prodotti per la pulizia ma si trovano anche in farmaci e rivestimenti dei contenitori per il cibo.
Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences, è partito dalle osservazioni epidemiologiche di alcune ricerche internazionali precedenti e dai dati del Servizio Epidemiologico Regionale Veneto che hanno evidenziato come l’esposizione a queste sostanze comporti un aumentato rischio cardiovascolare.
Per confermare questi dati, in collaborazione con Paolo Simioni dell’Università di Padova, sono stati condotti dei test in vitro e poi su un campione di 78 persone soggette a una diversa esposizione agli Pfas.
Ma per capire cosa ha scoperto questo nuovo studio bisogna prima fare un piccola premessa. Tra i tanti fattori che influenzano la nostra salute cardiovascolare (e non solo) ci sono le piastrine, fondamentali per la coagulazione del sangue. Queste aiutano a riparare i danni ai vasi sanguigni ma devono farlo sapientemente, infatti se eccessivamente reattive (in caso ad esempio il paziente fumi, beva alcool, sia diabetico o in sovrappeso), possono coagulare troppo esponendo al rischio di infarto e ictus.
Ed è quello che succede in relazione all’esposizione ai Pfas. Come ha dichiarato Foresta:
“Stando alle nostre scoperte, lo Pfoa (acido perfluoroottanoico) sarebbe in grado di attivare le piastrine, rendendole più suscettibili alla coagulazione, anche in condizioni normali, predisponendo a un aumento del rischio cardiovascolare”.
Come viene a crearsi questa situazione nel nostro organismo? È lo stesso Foresta a spiegarlo:
“Il meccanismo attraverso il quale lo Pfoa si suppone alteri l’equilibrio della coagulazione sanguigna è complesso: sembra infatti che l’inquinante agisca modificando la struttura della membrana cellulare delle piastrine, ovvero la struttura che protegge le cellule ematiche e ne media l’interazione specifica con i diversi tessuti corporei. In sostanza, studi in vitro hanno documentato, oltre alla modificazione della struttura della membrana, parametri piastrinici che esprimono una maggior propensione all’aggregazione piastrinica e quindi alla coagulazione”.
Ricordiamo che proprio lo Pfoa (acido perfluoroottanoico) è, tra i vari Pfas, il principale inquinante ambientale del Veneto.
C’è da sottovalutare poi che il rischio cardiovascolare è ancora più alto se nelle persone già sussistono fattori di rischio:
“I risultati emersi hanno confermato dei segnali di aumentata attivazione piastrinica con conseguente incremento della propensione all’aggregazione delle stesse. Questi dati potrebbero spiegare l’osservazione epidemiologica tra Pfas e patologie cardiovascolari, soprattutto se sussistono altri fattori di rischio noti per queste patologie, come diabete, obesità, fumo e alcol”.
Non è un caso che alcuni paesi abbiano vietato l’utilizzo di queste sostanze in alcuni prodotti di uso comune o stiano pensando di farlo. Vi abbiamo parlato ad esempio della Danimarca.
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