Non fu colpa dei topi: la peste nera del 1300 causata dagli uomini

Peste nera: sarebbe stato l’uomo stesso, con le sue pulci e i suoi pidocchi, a diffondere l’epidemia.

Peste nera: per secoli ce la siamo presa coi topi, ma la vera causa l’avevamo tra noi. Sarebbe stato, infatti, l’uomo stesso, con le sue pulci e i suoi pidocchi, a diffondere l’epidemia che nel 1347 sterminò mezza Europa.

A dirlo è uno studio congiunto dell’Università di Ferrara e dell’Università di Oslo, secondo cui la causa della cosiddetta “Black Death”, la Morte nera, è da ricercarsi non già nei parassiti infetti che colonizzavano i topi, ma nella scarsa igiene delle popolazioni umane. E così, dal 1347 al 1352 il contagio diretto avvenuto tramite pulci e pidocchi dell’essere umano uccise ben 25 milioni di europei.

Cos’era la peste nera

Una delle più grandi epidemie su cui si è certi uccise – anche se non c’è un numero preciso della popolazione a quei tempi – almeno un terzo degli europei nel XIV secolo.

A impiegare per la prima volta il termine “morte nera” furono cronisti danesi e svedesi (dal latino atra mors, letteralmente “morte nera”, dove l’aggettivo ater ha il significato di “triste”, “atroce”) riferendolo alla peste del 1347-1353 per rimarcare la devastazione di tale epidemia.

Agli inizi del 1800 la definizione fu ripresa dal medico tedesco Justus Friedrich Karl Hecker, che con l’articolo sull’epidemia di peste del 1347-1353, “La morte nera”, diede grande risonanza alla faccenda. Da allora i termini Black death o Schwarzer Tod vennero utilizzati per indicare l’epidemia di peste del XIV secolo.

Quanto alle cause, non ci sono mai state piste certe, ma i più hanno sempre pensato che il batterio della malattia fosse portato dai topi.

Lo studio

Quel che è certo è che la peste, causata dal batterio Yersinia pestis, può diffondersi attraverso le popolazioni umane attraverso molteplici vie di trasmissione. Oggi, la maggior parte dei casi di peste umana sono di peste cosiddetta “bubbonica”, causata da pulci infette di roditori o dall’inalazione di goccioline infettive (trasmissione pneumonica). Tuttavia, si sa poco sulla diffusione storica della peste in Europa durante la seconda pandemia (14esimo – 19esimo secoli), compresa la peste nera, che ha portato ad un’elevata mortalità e ricorrenti epidemie per centinaia di anni.

Diversi studi hanno suggerito che i vettori umani ectoparassiti, come le pulci umane (Pulex irritans) o i pidocchi del corpo (Pediculus humanus humanus), hanno causato epidemie in rapida diffusione.

E in questo studio, i ricercatori vogliono descrivere un modello per la trasmissione della peste da un vettore umano ectoparassita, scoprendo che questo modello si adatta alle curve di mortalità di nove focolai in Europa, ancora meglio rispetto ai modelli per trasmissione pneumonica o di roditori. I risultati sostengono che gli ectoparassiti umani sono stati i principali vettori di peste durante la seconda pandemia, compresa la peste nera (1346-1353), sfidando l’ipotesi che la peste in Europa fosse prevalentemente diffusa dai topi.

I ricercatori norvegesi e italiani hanno dunque usato i dati sulla mortalità in nove città europee, confrontandoli con modelli simulati della diffusione della malattia in ciascuna città, “in modo da ricostruire la dinamica dello sviluppo del morbo”.

Gli studiosi hanno poi realizzato tre modelli: la diffusione della peste nera da parte dei ratti; la trasmissione per via aerea e la trasmissione tramite pulci e pidocchi che vivevano su esseri umani e sui loro vestiti. In sette casi su nove, è risultato che “il modello dei parassiti umani” rifletteva meglio la maniera in cui la peste si è moltiplicata e ha fatto vittime.

La conclusione è molto chiaraafferma il professor Stenseth. – Sono stati i pidocchi umani. È improbabile che la peste si sarebbe diffusa così rapidamente se fosse stata trasmessa dai ratti. L’ipotesi più verosimile è la trasmissione umana, da persona a persona”.

Ma comprendere il più possibile che cosa succede durante un’epidemia può aiutarci a ridurre la mortalità in futuro”, osserva il professore norvegese.

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La peste è in effetti ancora endemica in alcuni paesi dell’Asia, dell’Africa e del continente americano: secondo l’Oms, tra il 2010 e il 2015 sono stati rregistrati 3248 casi di peste in tutto il mondo, che hanno fatto 584 morti.

Germana Carillo

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