La pelle, l'organo più esteso del corpo umano, è continuamente esposta a vari fattori ambientali che possono causarle danni: ecco come un gruppo di ricercatori sta usando la stampa 3D per studiarla in dettaglio
La pelle umana, il più grande organo del nostro corpo, è costantemente esposta a vari agenti ambientali come il calore, il freddo e l’umidità. Questi fattori possono causare danni, deterioramento e potenziali problemi di salute futuri, tra cui malattie cutanee. Alcuni sintomi spiacevoli possono includere bruciore, arrossamento e prurito, influenzando negativamente l’aspetto estetico.
Di fronte a tali sfide, un team di ricercatori dell’Università Miguel Hernández de Elche ha ideato un modello di pelle umana attraverso l’uso della stampa 3D. L’obiettivo principale è di approfondire la comprensione delle malattie che manifestano sintomi a livello cutaneo.
Finalità della ricerca e il futuro dei trattamenti cutanei
Questa ricerca mira principalmente a contribuire allo sviluppo di nuovi farmaci per malattie come la psoriasi. Quest’ultima è una patologia infiammatoria cronica che causa arrossamenti e irritazioni, con placche rosse e squamose che appaiono spesso in zone come gomiti, ginocchia e cuoio capelluto.
L’equipe di ricerca dell’IDiBE, guidata da Asia Fernández, si è concentrata sul legame tra la pelle e il sistema nervoso. L’intento è di capire i processi molecolari legati alle patologie sensoriali, favorendo così lo sviluppo di terapie più efficaci.
Il metodo di ricerca ha sfruttato fino ad ora cellule cutanee ottenute da campioni umani prelevati durante interventi chirurgici. Questo ha permesso di avere una quantità sufficiente di cellule per la stampa della pelle. La prossima fase prevede l’introduzione di neuroni sensoriali nella pelle stampata, attraverso un processo chiamato transdifferenziazione. Questo metodo riguarda la trasformazione delle cellule fibroblasti, fondamentali nella formazione del tessuto connettivo.
L’uso della stampa 3D presenta anche vantaggi etici significativi. Questo approccio riduce la necessità di effettuare test su animali, focalizzandosi sulla creazione di un modello il più simile possibile all’essere umano. Inoltre, limita le discrepanze quando si cerca di applicare i risultati ottenuti sugli animali all’essere umano, rappresentando un progresso notevole verso pratiche di ricerca più etiche e sicuramente efficienti.
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Fonte: Università Miguel Hernández de Elche
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