L'Inail è stata appena condannata ad un risarcimento di 200mila euro nei confronti della vedova di Mario Nicoletti, operaio stroncato da un mesotelioma provocato dall'esposizione all'amianto: a distanza di ben 7 anni dalla sua morte giustizia è stata fatta, ma sono ancora troppe le vittime della fibra killer dimenticate in Italia...
Per lunghi anni è stato costretto a lavorare esposto all’amianto, prima nei cantieri stradali, poi nell’ospedale di Rieti. Una situazione che lo ha portato ad ammalarsi di mesotelioma, malattia tristemente nota per essere provocata proprio dalla fibra killer, e alla morte, avvenuta nel 2016. È la terribile storia che vede come protagonista il signor Mario Nicoletti, operaio di Antrodoco (Rieti). Una delle tante (troppe!) vittime della pericolosa fibra, messa al bando – almeno sulla carta – in Italia nel 1992.
Ora, a distanza di 7 anni, finalmente il Tribunale di Rieti ha condannato l’INAIL a versare un risarcimento di circa 200mila euro alla vedova Monica Diana Darasz, alla quale è stata riconosciuta anche una rendita mensile. Si tratta di una battaglia vinta dopo numerosi rigetti da parte dell’INAIL delle domande presentate affinché all’operaio venisse riconosciuta la malattia professionale.
Consapevole del fatto che il mesotelioma è associato soltanto alla fibra killer, la donna si è rivolta all’Osservatorio Nazionale Amianto e all’avvocato Ezio Bonanni che, dopo questa sentenza, si batterà anche per il riconoscimento del risarcimento dei danni sia per la vedova che per i figli.
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La drammatica storia di Mario Nicoletti e la battaglia portata avanti dalla moglie
“L’ennesimo accanimento dell’INAIL contro famiglie che hanno perso un loro caro, pilastro anche economico, nel non riconoscerne i diritti anche quando il nesso causale non deve essere provato dalla vittima o dalla sua famiglia, perché si presume per legge fino a prova contraria” – commenta l’avvocato Bonanni, che è riuscito a dimostrare che l’operaio, impiegato nel 1979 come manovale di cantiere stradale per la società I.C.R. srl, e dal 1979 al 1993 come manutentore idraulico presso l’ospedale di Rieti, quale dipendente della Asl, era stato esposto alla fibra killer durante le sue attività lavorative.
All’epoca dei fatti l’amianto era ampiamente utilizzato sia in ambito autostradale che ospedaliero. Nelle autostrade veniva impiegato soprattutto per realizzare le gallerie, dove veniva applicato a spruzzo sulle pareti, per creare barriere insonorizzanti e per la lotta al fuoco.
Invece nelle strutture sanitaria (molte delle quali ancora contaminate) si trovava nelle pareti di malta e amianto, nei soffitti e nei pavimenti di vinil-amianto, ma anche nelle colle e negli stucchi. Infine, era presente anche nei tubi in cui viaggiano i vapori surriscaldati per le lavanderie e le cucine, a 450 gradi, spessissimo oggetto di manutenzione.
“L’INAIL, purtroppo, continua ostinatamente a negare il diritto delle vittime di mesotelioma di poter ottenere il giusto indennizzo e quindi la parola passa alla magistratura, che condanna” sottolinea l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA).
La stessa drammatica sorte del signor Nicoletti è toccata anche al suo collega Roberto Lucandri, morto sempre per mesotelioma. E anche in questo caso il riconoscimento della malattia professionale è avvenuto soltanto dopo il decesso, in seguito ad azione giudiziaria.
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Fonte: ONA
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