Una nuova ricerca mostra come la mortalità da Covid-19 è più alta nei paesi dove la popolazione anziana è maggiormente carente di vitamina D
Esiste un collegamento tra carenza di vitamina D e maggiore probabilità di morte in caso di Covid-19? Dopo la ricerca italiana che aveva valutato il ruolo di questa vitamina in fase preventiva o terapeutica contro il coronavirus, adesso un nuovo studio, conferma (ma da un altro punto di vista) l’importanza della vitamina D in questo tipo di infezione.
Vi avevamo già parlato dello studio, condotto all’Università di Torino, in cui si indagava il ruolo della vitamina D in relazione alla pandemia da Sars-Cov2, considerando che la carenza di questa vitamina in Italia interessa una vasta fetta della popolazione, soprattutto anziana.
Ora un nuovo studio, condotto dai ricercatori del Queen Elizabeth Hospital Foundation Trust e dell’Università dell’East Anglia, ha analizzato i livelli medi di vitamina D in 20 paesi europei, nonché i dati relativi al tasso di mortalità da Covid-19.
Gli autori hanno scoperto che il livello medio di vitamina D era di circa 56 mmol / L (nanomoli/litro – valore espresso secondo il Sistema Internazionale SI) ma i valori medi di vitamina D nella popolazione anziana di Spagna, Italia e nei paesi nordici erano rispettivamente 26 nmol / L, 28 nmol / L e 45 nmol / L. C’è da considerare che sotto il valore 30nmol / L vi è una grave carenza di vitamina D.
Confrontando questi casi con il tasso di mortalità dei diversi paesi si è visto che, proprio dove i livelli di vitamina D sono “gravemente bassi” nelle fasce di popolazione più anziane (in particolare appunto Spagna, Italia ma anche Svizzera), si registrano i maggiori tassi di mortalità dovuti a Covid-19.
Gli studiosi ritengono dunque che questa vitamina svolga un ruolo protettivo rispetto al coronavirus e, in base a questo, consigliano “l’integrazione di vitamina D per proteggere dall’infezione da SARS-CoV-2“.
Come hanno scritto gli autori nello “short report” del loro studio:
“Abbiamo trovato relazioni significative tra i livelli di vitamina D e il numero di casi COVID – 19 e in particolare la mortalità causata da questa infezione. Il gruppo di popolazione più vulnerabile per COVID-19 è anche quello che presenta il maggior deficit di vitamina D. La vitamina D ha già dimostrato di proteggere dalle infezioni respiratorie acute e si è dimostrata sicura. Riteniamo di poter consigliare l’integrazione di vitamina D per proteggere dall’infezione COVID-19”
Questo è solo l’ultimo di una serie di studi recenti che hanno identificato la carenza di vitamina D come fattore di rischio per maggiori complicazioni nel caso si contragga il Sars-Cov2. Un’analisi condotta da ricercatori delle Filippine su pazienti COVID-19 di tre ospedali nei paesi dell’Asia meridionale ha scoperto che i casi critici erano 19 volte più probabili nelle persone che presentavano carenza di vitamina D.
Ovviamente, come vi abbiamo già ribadito nel precedente articolo, nell’integrazione di vitamina D è bene non usare il fai da te ma rivolgersi sempre al proprio medico curante.
Fonte di riferimento: Research Square
Leggi anche: Una nuova ricerca di Harvard conferma il legame tra inquinamento atmosferico e alta “letalità” del coronavirus