L'antibiotico-resistenza è una piaga che colpisce sempre più persone nel mondo. I ricercatori inglesi hanno analizzato l'incidenza della muffa Aspergillus fumigatus, responsabile dell'aspergillosi invasiva
Le infezioni fungine colpiscono più di un miliardo di persone in tutto il mondo, con un tasso di mortalità che corrisponde a quello della malaria o della tubercolosi – una vera e propria epidemia di cui ancora non si parla a sufficienza.
Fra le muffe più dannose per la salute umana è da annoverarsi certamente l’Aspergillus fumigatus, una muffa ambientale diffusa in tutte le regioni del mondo, che può provocare l’insorgenza di numerose patologie polmonari – come ad esempio l’aspergillosi invasiva (AI), una malattia che colpisce in forma grave le vie respiratorie provocando asma, polmonite, sinusite, e che può progredire fino alla necrosi emorragica o all’infarto.
L’AI colpisce 10-20 milioni di persone nel mondo e, se per chi non soffre di particolari malattie il decorso avviene senza conseguenze, nei pazienti fragili (ad esempio, coloro che hanno subito il trapianto di un organo o di cellule staminali) e già provati da altre patologie quali neutropenia, fibrosi cistica e, in ultimo, Covid-19 può aggravarsi fino alla morte.
(Leggi anche: Resistenza agli antibiotici: è già una delle cause principali di morte nel mondo, i dati shock)
Purtroppo, studi recenti hanno dimostrato che questa particolare muffa è in grado di resistere ai farmaci antimicotici azolici, un tempo efficaci nel debellare l’Aspergillus fumigatus, sia nel trattamento clinico che nella disinfestazione ambientale. La resistenza ai farmaci all’azolo ha gravi implicazioni cliniche: nei pazienti affetti da AI, per esempio, provoca un aumento della mortalità del 25%.
Un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra sta osservando da vicino la situazione. I ricercatori hanno isolato 218 campioni di Aspergillus fumigatus provenienti da Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda: sette campioni su dieci (153 campioni) provenivano da persone malate, mentre i restanti (65) provenivano dall’ambiente – suolo, compost, piante, aria.
Di tutti i campioni analizzati, 106 si sono dimostrati resistenti ad almeno uno dei farmaci azolici solitamente utilizzati nel trattamento medico: in particolare, il 48% dei campioni si è dimostrato resistente all’itraconazolo, il 29% al voriconazolo e il 21% al posaconazolo; inoltre, più del 10% dei campioni ha dimostrato resistenza a due o più farmaci azolici.
Ma perché la muffa è diventata immune all’azione dei farmaci?
La risposta è molto semplice: un utilizzo molto diffuso di fungicidi azolici per uso agricolo e l’esposizione ad essi da parte della popolazione ha reso il fungo resistente al farmaco.
La comprensione degli hotspot ambientali e delle basi genetiche dell’evoluzione della resistenza ai farmaci fungini richiede un’attenzione urgente, perché la resistenza sta compromettendo la nostra capacità di prevenire e curare questa malattia – spiega Matthew Fisher, autore dello studio. – La prevalenza dell’aspergillosi resistente ai farmaci è cresciuta da livelli trascurabili prima del 1999 fino al 3-40% dei casi attuali in tutta Europa.
Allo stesso tempo, sempre più persone potrebbero essere suscettibili all’infezione da Aspergillus fumigatus a causa del numero crescente di persone che ricevono trapianti di cellule staminali o organi solidi, che sono in terapia immunosoppressiva o che hanno malattie polmonari o gravi infezioni respiratorie virali.
Gli scienziati avevano già lanciato l’allarme (inascoltati)
L’emergenza sanitaria legata alla resistenza agli antibiotici di questa particolare muffa non è una novità, purtroppo, e già diversi studi hanno dimostrato i pericoli per gli ecosistemi e gli animali connessi all’esposizione ai farmaci azolici fungicidi.
In particolare, uno studio condotto dall’Unione Europea ha dimostrato come l’esposizione al fungicida negli ecosistemi marini sia responsabile di alterazioni endocrine nei pesci e in altri organismi acquatici: questi, infatti, possono accumulare gli azoli all’interno dell’organismo e trasformarli – con conseguenze drammatiche quali riduzioni o alterazione della crescita e persino la morte.
Il notevole danno ambientale provocato dall’esposizione ai fungicidi aumenta se consideriamo che molti dei fiumi e corsi d’acqua contaminati forniscono acqua potabile alle comunità umane. Insomma, l’allarme lanciato dagli scienziati è molto chiaro: sia gli ecosistemi acquatici che gli esseri umani (tramite il consumo di acqua potabile) sono concretamente a rischio di contaminazione da azoli antifungini.
Eppure questi fungicidi non sono ancora vietati dalla legge, e il loro utilizzo continua nell’agricoltura di tutto il mondo, con conseguenze gravi che stiamo già toccando con mano.
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Fonti: Nature Microbiology / Cordis Europa
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