L’esposizione delle neomamme agli PFAS compromette la possibilità di allattare. Lo studio

Molte neomamme sono costrette ad interrompere prematuramente l’allattamento dei loro piccoli. Un nuovo studio cerca di chiarire le cause di questo fenomeno

PFAS è una sigla indicante sostanze chimiche altamente nocive che, purtroppo, fanno sempre più parte della nostra vita. Sono dette anche sostanze chimiche ‘perenni’ perché, oltre a danneggiare l’ambiente (contaminando anche cibo e acqua) non si degradano con il passare del tempo e finiscono per accumularsi in natura. Utilizzate per innumerevoli scopi, dalla produzione di stoviglie ai prodotti per la cura della persona, si trovano praticamente ovunque nell’ambiente e sono causa di un’ampia gamma di malattie – fra cui ulcera, disturbi della tiroide, tumori; inoltre, inficiano anche la capacità riproduttiva degli animali, ma anche la nostra.

Ora un nuovo studio ha dimostrato un altro, inquietante effetto collaterale dell’esposizione a queste sostanze, che pregiudicherebbero la capacità delle neomamme di allattare naturalmente i propri bambini. I ricercatori hanno seguito la gravidanza ed il parto di più di 1.000 donne in Danimarca e hanno osservato che maggiori concentrazioni di PFAS nel sangue delle neomamme corrispondevano a una probabilità del 20% di interrompere l’allattamento al seno precocemente.

Queste sostanze chimiche prodotte dall’uomo si accumulano nel nostro organismo e hanno effetti molto negativi sul nostro apparato riproduttore – spiega Clara Amalie Gade Timmermann, autrice dello studio. – Visto che l’allattamento al seno è un momento cruciale per la salute sia della mamma che del bambino, gli effetti dell’esposizione agli PFAS sulla capacità di nutrire i neonati con il latte materno potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulla salute.

Per analizzare la connessione fra PFAS e allattamento al seno, i ricercatori hanno misurato nei campioni di sangue prelevati alle donne i livelli delle sostanze chimiche, che sono state divise in cinque categorie in base alla loro composizione chimica. Successivamente, le partecipanti allo studio hanno fornito informazioni su come stesse procedendo l’allattamento: alcune donne hanno scritto settimanalmente un ‘report’, mentre altre hanno completato dei questionari a tre e a diciotto mesi dal parto.

Negli ultimi decenni, l’interesse nell’allattamento al seno è cresciuto sempre più, visti i benefici evidenti per la mamma e per il bambino: allattare al seno, infatti, scongiura il rischio per il bambino di contrarre molte malattie infettive (come diarrea, infezioni dell’orecchio…), mentre permette alla mamma di ritornare più velocemente alla forma fisica che aveva prima della gravidanza e di ridurre notevolmente il rischio di sviluppare forme tumorali. Tuttavia, sempre più donne sono costrette ad interrompere presto la fase dell’allattamento – e ora inizia a delinearsi un perché.

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Fonte: Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism

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