La plastica invade i nostri mari e la cosa non ci piace affatto. Una nuova ricerca ha però individuato una certa utilità in questo genere di rifiuti (forse magra consolazione). Sui detriti galleggianti vivono e proliferano alcuni microrganismi che producono antibiotici utili contro 2 ceppi resistenti
Secondo un nuovo studio, condotto da un team della National University in collaborazione con lo Scripps Institution of Oceanography, l’inquinamento da plastica negli oceani potrebbe rivelarsi positivo almeno per un aspetto.
Quale? I rifiuti di plastica, o meglio i batteri che ci vivono sopra, potrebbero diventare fonte per la creazione di nuovi antibiotici.
Residui di plastica di vario genere vengono scoperti in località sempre più remote in tutto il mondo e gli scienziati stanno lavorando duramente per cercare di trovare nuovi modi per smaltire questo tipo di rifiuti, che stanno letteralmente avvelenando terra e mare (vi abbiamo parlato recentemente, ad esempio, dei super vermi che mangiano il polistirene).
Ma c’è anche una nuova area di ricerca che sta esaminando come i batteri che vivono proprio sui detriti di plastica negli oceani, potrebbero fornire una nuova base per la creazione degli antibiotici del futuro.
Gli scienziati stimano che a contaminare gli oceani arrivino ogni anno tra i 5 e 13 milioni di tonnellate di plastica. Si parla non solo di grandi detriti galleggianti, bottiglie o affini, ma anche delle ormai note microplastiche.
Sulla plastica dispersa negli oceani, però, si possono trovare anche dei microrganismi interessanti e potenzialmente utili nella lotta contro l’antibiotico resistenza.
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Proprio per studiare questo tipo di potenzialità dell’inquinamento marino, i ricercatori hanno incubato plastica di polietilene ad alta e bassa densità (il tipo che si vede comunemente nei sacchetti della spesa) in acqua vicino al molo di Scripps a La Jolla, in California, per 90 giorni.
Al termine del tempo prefissato, i ricercatori hanno isolato dalla plastica oceanica 5 batteri produttori di antibiotici, inclusi ceppi di Bacillus, Phaeobacter e Vibrio. Hanno poi testato i batteri isolati contro una varietà di bersagli Gram positivi e negativi, scoprendo che questi erano efficaci anche contro 2 ceppi resistenti agli antibiotici.
L’autore principale dello studio, Andrea Price della National University, ha dichiarato:
Considerando l’attuale crisi degli antibiotici e l’aumento dei superbatteri, è essenziale cercare fonti alternative di nuovi antibiotici. Speriamo di espandere questo progetto e caratterizzare ulteriormente i microbi e gli antibiotici che producono.
Noi preferiremmo che la plastica negli oceani non ci fosse affatto, ma dato che è tristemente noto come il mare ormai ne sia invaso, quantomeno questo studio è riuscito a trovarne una certa utilità. Ma tutto è ancora da confermare.
La ricerca, ancora da sottoporre a revisione paritaria, è stata presentata alla conferenza dell’American Society for Microbiology che si è conclusa oggi a Washington .
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Fonte: American Society for Microbiology
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