Il nuovo studio, condotto dai cardiologi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS- Università Cattolica, mostra come l'inquinamento atmosferico sia pericoloso ed esponga ad un maggior rischio infarto anche le persone con coronarie e cuore sano
Si continua a studiare per capire l’esatto rapporto che esiste tra esposizione all’inquinamento atmosferico e infarto. Proprio ieri vi avevamo parlato di uno studio, condotto in Germania, che ha trovato un’associazione significativa tra smog e maggior rischio infarto nei non fumatori.
Anche dall’Italia, però, arrivano notizie non proprio confortanti che riguardano l’impatto negativo che ha lo smog non solo sui polmoni – come si potrebbe pensare – ma anche sul cuore, persino di quello delle persone sane.
Parliamo del nuovo studio, firmato da due prestigiosi cardiologi, il dottor Rocco Antonio Montone e Filippo Crea, di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS- Università Cattolica, campus di Roma.
La ricerca, presentata al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) e pubblicata sul “Journal of American College of Cardiology” (JACC), mostra per la prima volta come l’aria inquinata possa causare l’infarto anche a chi ha coronarie (i vasi che nutrono il muscolo cardiaco) ‘pulite’, cioè senza che vi sia una precedente presenza di aterosclerosi significativa (MINOCA, Myocardial Infarction with Non-Obstructive Coronary Arteries).
Lo smog, infatti, determinerebbe uno spasmo prolungato dei vasi e aumenterebbe il rischio di incorrere in un’ischemia da spasmo delle coronarie fino ad 11 volte maggiore nei soggetti più esposti all’inquinamento da particolato fine (PM2.5) che, come è ormai noto, è causato principalmente dal traffico. Queste piccole particelle, infatti, di diametro aerodinamico inferiore o uguale ai 2,5 μm, derivano da tutti i tipi di combustione tra cui quello dei motori delle automobili.
In parole povere, lo studio ha scoperto che l’inquinamento, soprattutto quello da PM2.5, è in grado di provocare uno spasmo delle coronarie che “taglia” il flusso di sangue al miocardio, determinando appunto un infarto.
Il dottor Rocco Antonio Montone, Dirigente medico presso la Unità Operativa Complessa di Terapia Intensiva Cardiologica della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, ha spiegato come è stato condotto lo studio:
Abbiamo studiato il fenomeno su 287 pazienti di entrambi i sessi di età media 62 anni; il 56% di loro era affetto da ischemia miocardica cronica in presenza di coronarie “sane” (i cosiddetti INOCA), mentre il 44% aveva addirittura avuto un infarto a coronarie sane (MINOCA). La loro esposizione all’aria inquinata è stata determinata in base all’indirizzo di domicilio. Tutti sono stati sottoposti a coronarografia, nel corso della quale è stato effettuato un test ‘provocativo’ all’acetilcolina. Il test è risultato positivo (cioè l’acetilcolina ha provocato uno spasmo delle coronarie) nel 61% dei pazienti; la positività del test è risultata molto più frequente tra i soggetti esposti all’aria inquinata, in particolare se anche fumatori e dislipidemici.
La ricerca dunque suggerisce un possibile ruolo dell’inquinamento da particolato fine sulla comparsa di infarti a coronarie sane, poiché crea spasmi delle grandi arterie coronariche. Ma a cosa sono dovuti questi spasmi?
L’ipotesi dei ricercatori, come dichiarato da Massimiliano Camilli, dottorando di ricerca presso l’Istituto di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, è la seguente:
Gli spasmi dei vasi del cuore potrebbero essere dovuti al fatto che l’esposizione di lunga durata all’aria inquinata determina uno stato di infiammazione cronica dei vasi, con conseguente disfunzione dell’endotelio (lo strato di rivestimento della parete interna dei vasi).
A seguito di questo studio, sembra sempre più evidente come limitare l’esposizione all’inquinamento ambientale sia fondamentale anche a ridurre il rischio infarto. Come spiegano i ricercatori:
L’uso di purificatori di aria in casa e l’utilizzo delle mascherine facciali quando ci si trova immersi nel traffico delle grandi città potrebbe dunque già essere consigliato ai soggetti a rischio, in attesa di studi che ne valutino il reale impatto sulla riduzione del rischio. E naturalmente ribadiamo il divieto di fumo e la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio per tutti, ma ancora di più a chi è esposto all’inquinamento, come chi vive in una grande città.
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Fonte: Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS- Università Cattolica
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