In cozze e vongole potrebbe nascondersi l’elisir della giovinezza e il segreto per vivere più a lungo

Una recente ricerca ha individuato la chiave per allungare le aspettative di vita, a partire dall’analisi di un gruppo di creature marine chiamate bivalvi.

Per centinaia di anni, la ricerca dell’elisir della giovinezza ha simboleggiato il desiderio di longevità dell’umanità. Nei tempi moderni, questa ricerca ha trovato nuova vita nel regno scientifico, in particolare con l’avvento delle tecnologie avanzate di sequenziamento del genoma.

Queste innovazioni stanno consentendo ai ricercatori di approfondire le basi genetiche che governano l’invecchiamento e il potenziale di una durata di vita più lunga.

Lo studio

In un nuovo studio recentemente pubblicato su Genome Biology and Evolution, i ricercatori dell’Università di Bologna hanno rivolto la loro attenzione a un improbabile gruppo di creature: i molluschi bivalvi, un gruppo che comprende vongole, cozze, ostriche e capesante.

Questi animali marini e d’acqua dolce mostrano una sorprendente durata di vita, da 1 anno a oltre 500 anni, rendendoli soggetti ideali per indagare i segreti della longevità.

I risultati del nuovo studio hanno rivelato una rete di geni che si evolvono in modo diverso nei bivalvi a vita lunga e breve, molti dei quali sono associati alla longevità in altri animali.

Studi precedenti sull’invecchiamento, la longevità e la senescenza si erano concentrati in gran parte sugli esseri umani e su alcuni animali modello. Secondo questi studi, l’invecchiamento è in gran parte determinato dall’accumulo di danni cellulari nel tempo. A livello genomico, questo danno è dovuto all’aumento delle mutazioni negli acidi nucleici (cioè errori nella replicazione), ai cambiamenti dell’architettura nucleare e all’accorciamento dei telomeri.

I ricercatori hanno sfruttato le risorse trascrittomiche di 33 specie di bivalvi per studiare i potenziali meccanismi alla base della durata di vita eccezionalmente lunga di quattro bivalvi: Arctica islandica, Margaritifera margaritifera, Elliptio complanata e Lampsilis siliquoidea. Tra questi, la prima specie detiene il record per la specie animale non coloniale più longeva con 507 anni, mentre le altre hanno una durata di vita massima di 150-190 anni.

Utilizzando questo set di dati, gli scienziati hanno cercato geni che si sono evoluti in modo diverso nei bivalvi a vita lunga rispetto a quelli a vita breve. I geni correlati alla risposta al danno del DNA, alla regolazione della morte cellulare e ai percorsi apoptotici, alle risposte cellulari agli stimoli abiotici e alla tolleranza all’ipossia hanno tutti mostrato modelli di evoluzione convergenti tra le specie a vita lunga.

Gli autori dello studio intendono continuare a sviluppare questi risultati attraverso ulteriori ricerche comparative.

I risultati ottenuti in questo lavoro ci hanno reso entusiasti di esplorare la longevità in più specie. In particolare, vorremmo indagare se i segnali evolutivi nei geni con un potenziale ruolo nella longevità siano in qualche modo condivisi tra specie longeve appartenenti a diversi gruppi tassonomici.

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Fonte: Genome Biology Evolution

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