Tra stelle e sinapsi: come l'entropia dell'Universo potrebbe svelare i misteri nascosti dietro la coscienza umana, collegando la vastità cosmica alla struttura intricata e misteriosa del nostro cervello
L’astronomo Carl Sagan diceva che siamo fatti della stessa sostanza delle stelle e uno studio rivoluzionario del 2016 ha suggerito una possibile connessione ancor più profonda tra noi e l’infinito: proprio come l’Universo, i nostri cervelli potrebbero essere “programmati” per massimizzare il disordine, un concetto noto come entropia. Ma cosa significa realmente per la nostra coscienza?
Per essere più specifici, l’entropia è un termine utilizzato per descrivere la progressione di un sistema dall’ordine al disordine. Immagina un uovo: quando tuorlo e albume sono perfettamente separati, l’entropia è bassa; ma quando lo frulli, l’entropia aumenta. La nostra capacità di essere consapevoli di noi stessi e del mondo che ci circonda, appunto la coscienza, è un mistero che affascina scienziati e filosofi da secoli. Nonostante sia un elemento cruciale dell’essere umano, la sua origine, la sua natura e la sua funzione rimangono argomenti di intenso dibattito. Ma e se la coscienza fosse, in realtà, un “effetto collaterale” del nostro cervello che cerca di massimizzare il proprio contenuto informativo, tendendo verso uno stato di entropia?
La connessione tra neuroni e la teoria dell’entropia
Ricercatori dell’Università di Toronto e dell’Università Paris Descartes hanno utilizzato la meccanica statistica per modellare le reti neuronali nel cervello di nove individui, sette dei quali affetti da epilessia. Hanno esaminato la sincronizzazione dei neuroni e analizzato la connettività cerebrale sia in stato di veglia che durante il sonno. Nei pazienti epilettici hanno analizzato i dati anche durante le crisi e in stato di normalità. In entrambi i casi, hanno osservato una tendenza: i cervelli mostravano un’entropia maggiore quando erano pienamente coscienti. Questo ha portato alla teoria che la coscienza potrebbe essere una proprietà emergente di un sistema che cerca di massimizzare lo scambio di informazioni.
Tuttavia, va notato che ci sono limiti significativi in questo studio, principalmente la dimensione del campione. È difficile trarre conclusioni da soli nove soggetti, dato che ogni cervello ha reagito in modo leggermente diverso. Peter McClintock, fisico dell’Università di Lancaster, ha sottolineato la necessità di replicare questi risultati su un campione più ampio e in diversi stati cerebrali, come l’anestesia. Nonostante ciò, lo studio offre una nuova prospettiva sulla relazione tra la struttura del cervello e la coscienza, sottolineando come siamo tutti legati dalle leggi che regolano l’Universo.
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Fonte: Physical Journal E.
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