Secondo uno studio siamo costantemente esposti agli ftalati e le soglie di sicurezza fissate per queste sostanze potrebbero non bastare
Siamo sempre più esposti a sostanze chimiche e, proprio per questo, tali sostanze (tra cui gli ftalati) sono regolamentate ed esistono delle soglie di sicurezza da rispettare. Ma sono davvero sufficienti? Su questo aspetto si è interrogato un nuovo studio.
Parliamo di una nuova ricerca, pubblicata su Environmental Health, in cui si spiega che la valutazione del rischio chimico degli ftalati (e non solo) si basa su test di tossicità pre-commercializzazione per identificare livelli sicuri di esposizione, spesso noti come dosi di riferimento (RfD), che si prevede siano protettive per la salute umana. Sebbene alcune RfD siano state rivalutate alla luce di nuove informazioni sui pericoli, non è una pratica comune.
Per capire dunque se, per quanto riguarda gli ortoftalati, i livelli di sicurezza siano ancora validi, lo studio ha preso in esame decine di ricerche precedenti in particolare su 5 sostanze chimiche:
- benzil butil ftalato (BBP)
- diisobutil ftalato (DIBP)
- dibutilftalato (DBP)
- dicicloesil ftalato (DCHP)
- bis(2-etilesil) ftalato (DEHP)
Come si legge nello studio, il metodo utilizzato dagli esperti è stato il seguente:
I dati sono stati estratti da studi in cui è stata misurata una qualsiasi delle cinque sostanze chimiche o dei loro metaboliti e hanno mostrato un’associazione statisticamente significativa con un esito sulla salute; 38 studi hanno soddisfatto i criteri. Abbiamo stimato l’assunzione per ogni ftalato dalla concentrazione del metabolita urinario e abbiamo confrontato gli intervalli di assunzione stimati associati agli endpoint di salute con la RfD di ciascun ftalato.
In questo modo sono state evidenziate associazioni significative tra l’esposizione agli ftalati e diversi problemi di salute: riproduttivi, ormonali, comportamentali, metabolici e neurologici. Si legge infatti che:
Tutti gli ftalati misurati nelle urine come metaboliti di DEHP, DBP, BBP e DIBP hanno mostrato associazioni significative con endpoint riproduttivi (maschili e femminili), dello sviluppo neurologico, comportamentali, ormonali e metabolici a valori di assunzione stimati ben al di sotto dei rispettivi RfD.
La conclusione degli esperti è dunque che:
per DBP, DIBP, BBP e DEHP le attuali RfD stimate sulla base della tossicità riproduttiva maschile potrebbero non essere sufficientemente protettive per altri effetti sulla salute. Pertanto, è necessario un nuovo approccio in cui le esposizioni post-marketing, i dati epidemiologici e clinici siano sistematicamente riesaminati per garantire un’adeguata protezione della salute.
Il problema principale è che gli ftalati sono presenti, si potrebbe dire onnipresenti, in tantissimi prodotti di uso comune (vestiti, cosmetici e trucchi, borse, vernici, adesivi, ecc.) e dunque sarebbe più che mai importante che i livelli di sicurezza fossero costantemente aggiornati con i dati scientifici più recenti. Leggi anche: Ftalati: cosa sono, dove si trovano e perché bisogna cercare di evitarli
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Fonte: Environmental Health
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