L'emofilia è una malattia genetica ereditaria per la quale risulta pregiudicato il normale processo di coagulazione del sangue. Quali sono i sintomi e la profilassi da seguire.
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L’emofilia è una malattia del sangue dovuta alla carenza di uno dei fattori della coagulazione, a causa di un difetto genetico. In pratica il sangue non coagula e si sviluppano emorragie. Ha carattere ereditario, per cui si presenta sin dalla nascita e si manifesta entro i primi anni di vita. Quali sono i sintomi della presenza di emofilia? E qual è la profilassi da seguire per il trattamento degli episodi emorragici?
L’emofilia è una malattia rara perché interessa circa una persona ogni 10mila e principalmente il sesso maschile. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno nel mondo nascono circa 10 mila bambini emofilici, mentre gli ammalati complessivi sono si aggirano intorno ai 400 mila (Fonte: Infoemofilia).
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Di emofilia esistono principalmente due forme: la A e la B, differenti tra lo per lo specifico fattore della coagulazione alterato. Nell’emofilia A (la variante più diffusa, corrispondente a circa l’80% dei casi), il difetto genetico determina una riduzione parziale o totale dell’attività del Fattore VIII della coagulazione, mentre nell’emofilia B a essere coinvolto il Fattore IX della coagulazione.
Cos’è l’emofilia?
L’emofilia è una malattia genetica ereditaria per la quale risulta pregiudicato il normale processo di coagulazione del sangue e provoca emorragie prolungate, anche a causa di traumi banali. Accade che, quindi, nel soggetto emofilico, la coagulazione sia deficitaria o che non blocchi con la stessa efficienza la perdita di sangue.
All’origine dell’emofilia vi è, nella maggior parte dei casi, una mutazione genetica del cromosoma sessuale X, trasmessa dai genitori ai figli. Per cui l’emofilia rientra, esattamente come distrofia muscolare di Duchenne e daltonismo , nel gruppo delle malattie ereditarie legate ai cromosomi sessuali.
In base al fattore della coagulazione coinvolto, specificando che i Fattori della coagulazione sono proteine presenti nel sangue prodotte principalmente dal fegato e in alcuni casi dalle cellule che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni, l’emofilia si distingue in:
- emofilia A, in cui il fattore della coagulazione carente è il fattore VIII
- emofilia B, in cui il fattore della coagulazione implicato è il fattore IX
- emofilia C, che riguarda invece il fattore XI: in questo caso si è di fronte a una malattia genetica autosomica, perché l’anomalia genetica risiede sul cromosoma 4 autosomico
Trasmissione
La mutazione del cromosoma X, che definisce l’emofilia, è di tipo recessivo, per cui la donna, che ha due cromosomi X, manifesta la malattia solo se entrambi i suoi cromosomi sessuali sono mutati ed è questo il caso davvero raro. Se infatti a essere mutato è un solo cromosoma X, l’altro sano compensa e da dolo a produrre il fattore della coagulazione mancante.
Nell’uomo, invece, il cromosoma X è uno soltanto (uomini: XY), per cui una sua mutazione non può conoscere alternative e quindi viene a mancare il processo coagulativo.
Va da sé che se la donna è portatrice sana può trasmettere il gene dell’emofilia ai figli (sia maschi sia femmine) con una probabilità del 50%. Quando il cromosoma X materno alterato si unisce al cromosoma Y paterno, il bambino che nascerà sarà maschio e inevitabilmente ammalato di emofilia. Ma se il cromosoma X materno alterato si unisce al cromosoma X paterno sano, nascerà una bambina portatrice sana.
Può accadere, inoltre, ma raramente, che anche la donna si ammali di emofilia, quando una bambina riceve un primo cromosoma X difettoso dal padre emofilico e un secondo cromosoma X difettoso dalla madre portatrice (la quale ha il 50% di probabilità di trasmettere il cromosoma malato a ogni suo figlio indipendentemente dal sesso). Oppure quando il cromosoma X con il difetto genetico dell’emofilia della coppia XX non sia compensato dal cromosoma X sano.
Sintomi dell’emofilia
Per qualsiasi tipi di emofilia, il principale sintomo è la perdita di sangue estesa, anche dopo una leggero trauma esterno o interno .
Ci possono essere anche altri sintomi come:
- ematomi estesi e profondi
- emorragie all’interno delle grandi articolazioni (ginocchio, anca, caviglia ecc), con dolore e gonfiore articolare
- emorragie o ematomi “spontanei
- sangue nelle urine e nelle feci
- emorragia prolungata dopo l’estrazione di un dente
- sangue dal naso
- irritabilità, soprattutto in età infantile
- fatica
Più carente è il fattore della coagulazione coinvolto, più le manifestazioni possono essere gravi, per questo si riconoscono emofilia lieve, emofilia moderata e emofilia grave.
Quando l’emofilia porta a emorragie interne profonde, le complicazioni principali toccano i muscoli, le articolazioni e il cervello. Gli arti si gonfiano e ci si sente la muscolatura sia intorpidita, le articolazioni sono dolenti e possono deteriorarsi progressivamente, fino a sviluppare artrosi, e il cervello diviene maggiormente esposto a emorragie cerebrali.
Emofilia diagnosi e diagnosi prenatale
Una diagnosi di emofilia non può non verificarsi presso uno specialista, che per prima cosa valuterà la storia clinica personale e familiare e valuterà tutti i segni che hanno indotto a pensare alla presenza di emofilia.
Servirà poi identificare il tipo di emofilia (A o B) e la gravità ed eseguire per questo motivo alcuni esami di laboratorio.
Inoltre, quanto a una possibile gravidanza, le coppie a rischio possono sapere già al primo o secondo trimestre di gestazione se il feto è affetto da emofilia. Si fa infatti la diagnosi prenatale direttamente sul DNA fetale per stabilire, oltre al sesso, anche il corredo cromosomico del nascituro. Nel caso il feto fosse di sesso maschile, quindi, si effettua una diagnosi molecolare (villocentesi, tra la 10a e la 12a settimana di gestazione, e amniocentesi, tra la 16a e la 18a settimana) per verificare se ha ricevuto dalla madre il cromosoma X portatore del gene del Fattore VIII o IX mutato o il cromosoma X con il gene sano.
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Profilassi per il trattamento degli episodi emorragici
Una cura definitiva per l’emofilia per ora non c’è, ma esiste tuttavia la possibilità di gestire le emorragie e le loro eventuali complicazioni.
A tale proposito si fa una differenza: se l’emorragia avviene spontaneamente o in seguito a traumi accidentali va trattata tempestivamente e in questo caso si parla di trattamento al bisogno. Quando invece si decide prevenire il sanguinamento si parla di profilassi. Nel primo caso, l’intervento consiste nella somministrazione endovenosa del fattore carente in presenza di un’emorragia in atto; nel secondo invece si programma nel vero senso della parola la somministrazione dei concentrati, proprio per prevenire o ridurre la frequenza degli episodi emorragici.
La profilassi può essere:
- chirurgica, con la somministrazione di FVIII o FIX prima e dopo un intervento chirurgico o una manovra invasiva, per prevenire l’emorragia
- primaria, con somministrazioni ripetute più volte alla settimana di concentrati, iniziando prima dei 2 anni di età o comunque prima che si stabilisca qualsiasi danno articolare e proseguita in alcuni casi fino all’età adulta
- secondaria, che va iniziata dopo i 2 anni di età oppure dopo che si siano già avuti danni articolari, per preservare al meglio la funzionalità delle articolazioni
Germana Carillo