Una nuova ricerca, condotta da medici del Centro di Medicina del sonno dell’ospedale Molinette e i ricercatori dell'Università di Torino, ha rivelato che una scarsa qualità del sonno può scatenare la malattia di Alzheimer
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa causata dall’alterazione della proteina Tau, fondamentale per far funzionare correttamente le cellule nervose del cervello.
Una nuova ricerca, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Acta Neuropathologica Communications, ha dimostrato direttamente il legame tra sonno e malattia di Alzheimer.
Lo studio
La sola frammentazione del sonno ottenuta inducendo brevi risvegli senza modificare il tempo totale del sonno, per un periodo di 1 mese, può compromettere il funzionamento del sistema glinfatico, e aumentare il deposito della proteina beta-amiloide che compromette irreversibilmente le funzioni cognitive anche in soggetti giovani: questo è il risultato della ricerca.
Il riposo notturno nei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer è spesso disturbato fino ad arrivare ad una vera e propria inversione del ritmo sonno-veglia, ma è stato anche osservato che i disturbi del sonno stessi (ad es. deprivazione di sonno, insonnia ed apnee) possono influenzare negativamente il decorso della malattia.
Nei pazienti con sonno disturbato, sia in termini di quantità sia di qualità, si è riscontrato un aumento del deposito cerebrale della proteina beta-amiloide, implicata nella genesi della malattia. Lo studio ha dimostrato che tale aumento dipende da una sua ridotta eliminazione da parte del sistema glinfatico, ossia il “sistema di pulizia” del cervello, particolarmente attivo proprio durante il sonno profondo.
La ricerca, oltre a dimostrare il forte legame presente tra disturbi del sonno e malattia di Alzheimer e dimostrarne il meccanismo, porta anche ad ulteriori considerazioni:
- in soggetti predisposti alla malattia di Alzheimer, fin dall’età giovanile, un sonno disturbato può favorire l’instaurarsi di processi neurodegenerativi
- i processi neurodegenerativi stessi, caratteristici della malattia, possono a loro volta compromettere la regolazione del sonno, instaurando un vero e proprio circolo vizioso che accelera irrimediabilmente la progressione della malattia
- non è solo la quantità del sonno ad essere rilevante, ma anche la sua qualità, infatti è solo nel sonno profondo che il sistema glinfatico può svolgere efficientemente il compito di “pulizia” ed eliminazione delle sostanze neurotossiche che si accumulano in veglia
- anche in assenza di altri fattori (riduzione del tempo di sonno o condizioni ipossiche), la sola frammentazione del sonno a livello cerebrale, ostacolando il mantenimento del sonno profondo, è in grado di innescare e mantenere il processo.
Questi dati confermano ulteriormente l’importanza di una corretta igiene del sonno e che il riposo notturno è un fenomeno attivo, durante il quale vengono eliminate le sostanze neurotossiche che si accumulano in veglia, e regola il nostro metabolismo, il sistema immunitario e circolatorio.
È comprensibile, quindi, come i disturbi del sonno, costituiscano un significativo fattore di rischio per obesità, ipertensione, diabete, infarto, ictus, cancro e demenza e, in tal senso, sono da includere nelle politiche di prevenzione sanitaria.
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Fonte: BMC
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