Da una nuova ricerca sarebbero emersi 5 sottotipi differenti di diabete. Ciò dovrebbe consentire un giorno di avere terapie decisamente più mirate.
Diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 e non solo. A corredo della patologia caratterizzata dalla presenza di glucosio nel sangue in concentrazione elevate, in età adulta si potrebbero distinguere almeno 5 sottotipi differenti. Il che consentirebbe di personalizzare le terapie e di ridurre di molto l’eventualità di complicanze.
Uno studio del Lund University Diabetes Centre (Svezia) e dell’Institute for Molecular Medicine (Finlandia) ha in effetti rivelato ben cinque tipi di diabete negli adulti: se il diabete è attualmente classificato in due forme principali, il diabete di tipo 1 e di tipo 2, sarebbe il diabete di tipo 2 a presentarsi altamente eterogeneo. Una classificazione raffinata potrebbe quindi fornire un potente strumento per individuare diversi regimi di trattamento e identificare le persone con un aumentato rischio di complicanze alla diagnosi.
L’assunto da cui parte l’analisi pubblicata su The Lancet Diabetes & Endocrinology è sostanzialmente questo: il diabete è un gruppo di disordini metabolici cronici che condividono la caratteristica comune della cosiddetta “iperglicemia”: ciò significa che, in linea di principio, il diabete può essere diagnosticato attraverso la misurazione di un singolo componente del sangue.
Tuttavia, l’innalzamento della glicemia può essere causato da una serie di fattori genetici e acquisiti che riducono le concentrazioni circolanti di insulina o ne riducono l’efficacia, portando a eterogeneità nella presentazione clinica e nella progressione della malattia. Per cui, sebbene le classificazioni esistenti per il diabete forniscano tipi basati su meccanismi patogenetici ragionevolmente puri, l’obiettivo della ricerca nel diabete di tipo 2 in età adulta è stato proprio quello di identificare sottotipi più precisi per mirare a terapie specifiche.
Lo studio ha preso in esame 14.775 pazienti dai 18 anni in su cui era stato diagnosticato il diabete. Tenendo conto di sei caratteristiche diverse (età alla diagnosi, presenza di sovrappeso, capacità di controllare la malattia, funzionamento del pancreas, resistenza all’insulina, presenza di anticorpi autoimmuni contro il pancreas), sono stati
identificati una forma autoimmune e altri quattro distinti sottotipi su base non autoimmunitaria.
Di queste “nuove” forme tre sono gravi: la prima (11-17% dei pazienti) è caratterizzata da grave resistenza all’insulina e rischio molto alto di complicanze renali; la seconda (9-20% dei pazienti) interessa persone più o meno giovani con carenza di insulina, scarso controllo metabolico ma senza reazioni autoimmunitarie. La terza forma grave (6-15% dei pazienti) si caratterizza per carenza di insulina ma presenza di reazioni autoimmuni. I tipi più diffusi di diabete sono i 2 di gravità più moderata, uno riguarda dal 39 al 47% dei pazienti e colpisce prevalentemente gli anziani. L’altra, da collegarsi all’obesità, riguarda dal 18 al 23% dei pazienti.
Un’analisi molto attenta che potrebbe portate col tempo a terapie decisamente più mirate paziente per paziente e, perché no, a trattamenti personalizzati.
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Germana Carillo