A Cicala, in provincia di Catanzaro, al Centro diurno per malattie degenerative l'Alzheimer si combatte così.
L’Alzheimer e altre demenze non possono gettare in solitudine chi ne soffre. Combattere per restituire una dignità e una presenza nel mondo è possibile e ce lo insegnano gli abitanti di Cicala
Pochi farmaci e tanta integrazione. Il cuore grosso così dei calabresi si fa sentire ancora una volta qui, a Cicala, un paesino di meno di mille abitanti nella provincia di Catanzaro, ai piedi della Sila, dove al Centro diurno per malattie degenerative Antonio Doria si continua a mettere in pratica un impegno collettivo basato sull’empatia anziché sui farmaci, e progetti cui partecipano tutti, anche i negozianti.
“Umanizzare le demenze”, è la parola chiave, tentando di allontanare quanto più possibile il ricorso ai medicinali e offrendosi a un approccio di tipo esistenziale, per aiutare le 15 persone ospitate al centro che soffrono, tra le altre cose, di una facoltà di linguaggio ormai compromessa dalla stessa malattia.
Una vera e propria tecnica collaudata che porta anche un nome: Teci, la Terapia espressiva corporea integrata che vuole mettere su degli autentici ponti di comunicazione per raggiungere chi, affetto da demenza, non può più relazionarsi all’altro in maniera convenzionale.
La tecnica è stata ideata da Elena Sodano, due lauree, in Lettere e in Filosofia, e una magistrale in Psicologia, che chiarisce come la Teci delinei un percorso volto a ridefinire i limiti corporei delle persone con demenze che vengono smarriti con il progredire della malattia, grazie a supporti neuroscientifici, anatomo-funzionali e psicologici.
“La Teci prende in cura il Corpo nella Demenza e insieme al corpo anche quel cervello che di quel corpo fa ancora parte, anche se una colla vischiosa e maledetta di proteina Tau e di beta miloide lo trascina verso la sua completa atrofizzazione”, spiega Sodano.
Con questa tecnica, quindi, è il corpo che convive con l’Alzheimer e con le demenze ad essere protagonista. Spesso si tratta di corpi lenti, vuoti e silenziosi che avrebbero ancora bisogno di un contatto fisico e affettivo e che invece vengono lasciati in balia solo di farmaci per sedare un cervello che piano piano si deteriora.
Di fronte a una memoria devastata, la Teci “si adatta al livello di deterioramento cognitivo modificando progressivamente i modi di comunicazione e reazione, lasciando spazio allo scambio emozionale che avviene nell’incontro tra un ‘Io paziente’ e un ‘Io terapeuta‘”.
Un incontro e un abbraccio, insomma, qualcosa di tenero, come un ballo o una carezza. Niente di più semplice, solo quel contatto umano che potrebbe ricostruire una memoria sfasciata e un corpo mortificato.
E non solo. Rimanere fermi è bandito: i degenti del centro possono infatti anche uscire tra le vie del borgo e interagire con le persone del luogo. Accompagnarli in visita nelle botteghe del posto, per esempio, è un metodo di integrazione dai grandi risultati. A questo proposito, i 17 negozianti hanno intrapreso un corso di formazione di cinque mesi su come parlare e relazionarsi con i degenti.
Il Comune è partner del progetto che tra l’altro gode di un respiro europeo – il Dementia Friendly Community Italia – avviato in Italia dalla Federazione Nazionale Alzheimer e in origine lanciato dall’Alzheimer’s Society del Regno Unito, pioniera dell’organizzazione di Dementia Friendly Community in Europa.
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Germana Carillo
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