La cannabis offre un sollievo immediato dai sintomi della nausea con benefici crescenti nel tempo e quella "ricreativa" è più efficace
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La cannabis offre un sollievo immediato dai sintomi della nausea con miglioramento evidente in pochi istanti e benefici crescenti nel tempo. La ricerca è stata condotta presso l’Università del New Mexico (Usa).
La nausea è un sintomo comune, ma è spesso difficile da trattare con metodi convenzionali che vanno dai rimedi erboristici come lo zenzero ai farmaci soggetti a prescrizione. Le cause comuni di nausea includono intossicazione alimentare, stress emotivo, disturbi gastrointestinali, cinetosi, gravidanza e chemioterapia.
La cannabis è stata usata per curare la nausea in realtà per millenni e, sebbene la sua efficacia nel trattamento della nausea indotta in particolare dalla chemioterapia sia ampiamente riconosciuta anche nei tempi moderni, il suo uso per questo disturbo è stato finora studiato nella popolazione senza approfondimenti sul tempo necessario per il sollievo e su come questo sia influenzato dalle caratteristiche del prodotto.
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Un gruppo di ricerca dell’Università del New Mexico ha ora effettuato un lavoro sistematico, analizzando i dati di 2.220 sessioni di autosomministrazione di cannabis registrate da 886 persone con l’app Releaf, progettata per aiutare gli utenti a gestire il consumo di cannabis e che ha consentito loro di registrare i cambiamenti in tempo reale nell’intensità dei sintomi.
Un sollievo immediato che dipende dalle caratteristiche del prodotto
I risultati hanno verificato che la stragrande maggioranza dei pazienti (oltre il 96%) che hanno usato cannabis per trattare la nausea ha provato sollievo dalla nausea entro un’ora dall’assunzione.
Nonostante le crescenti preoccupazioni cliniche relative al vomito ciclico o alla sindrome da iperemesi nei consumatori di cannabis, quasi tutti gli utenti hanno provato sollievo annuncia Sarah Stith, coautrice del lavoro.
L’entità del sollievo dalla nausea sperimentato dal campione dello studio variava però in base alle caratteristiche del prodotto, con fiori e concentrati che superavano le tinture e gli edibili. I prodotti etichettati come Cannabis sativa e “ibridi” hanno invece superato i prodotti etichettati come Cannabis indica. Inoltre gli spinelli erano associati a un maggiore sollievo dai sintomi rispetto al consumo tramite vaporizzatori.
La cannabis ”ricreativa” è più efficace della cannabis medica
Il lavoro ha indagato anche a fondo gli effetti di THC (tetraidrocannabinolo), tipico del consumo “ricreativo” della cannabis e CBD (cannabidiolo), più comunemente associato all’uso medico. E, con grande stupore, i risultati hanno dimostrato un maggior effetto del THC rispetto al CBD.
I meccanismi alla base della capacità della cannabis di ridurre rapidamente la sensazione di nausea non sono del tutto chiari – spiega Jacob Vigil, coautore della ricerca – ma coinvolgono la capacità della pianta di attivare le risposte del recettore CB1 ad altri stimoli nel sistema nervoso centrale, come la corteccia insulare coinvolta nell’interocezione, consapevolezza cosciente degli stati corporei interni, esempio di regione cerebrale naturalmente modulata in parte dagli endocannabinoidi che si sviluppano naturalmente nel corpo umano. Pertanto, non sorprende che i fitocannabinoidi che si sviluppano nella pianta di cannabis siano anche efficaci nello stimolare regioni cerebrali simili.
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Non è tutto oro quello che luccica
Alcune delle implicazioni dello studio potrebbero non essere però del tutto positive
I nostri risultati mostrano che la cannabis è usata per trattare la nausea con un alto tasso di efficacia – avverte però la Stith – ma esistono preoccupazioni che la sua efficacia rispetto alle opzioni convenzionali possa indurre popolazioni ad alto rischio, come donne incinte e bambini, a consumare cannabis.
Molti dubbi, infatti, ancora persistono.
E gli effetti a lungo termine della cannabis e dei suoi effetti sullo sviluppo rappresentano una lacuna significativa nella letteratura esistente sull’uso medico della cannabis in generale, fa eco Xiaoxue Li, che ha collaborato alla ricerca.
Non è tutto oro quello che luccica…
Il lavoro è stato pubblicato su Clinical Gastroenterology.
Fonti di riferimento: Università del New Mexico / Clinical Gastroenterology
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