Un nuovo studio condotto dagli scienziati della Colorado State University ha scoperto altri benefici della camminata per il nostro cervello
Camminare fa bene alla salute, ma ora un nuovo studio condotto dagli scienziati della Colorado State University ha scoperto altri benefici di questa pratica per il nostro cervello
I neuroscienziati da tempo hanno confermato che gli esercizi aerobici, come camminare, nuotare, correre o andare in bicicletta, siano salutari per la salute del cervello. Ora, una nuova ricerca del BRAiN Lab della Colorado State University ha fornito le prime prove del fatto che la sostanza bianca, che collega e trasporta i segnali tra i neuroni, possa anche “funzionare” meglio in risposta all’esercizio fisico aerobico, potenziando anche la memoria.
Lo studio – pubblicato su NeuroImage – ha rilevato che le regioni del cervello più vulnerabili all’invecchiamento sono anche quelle che beneficiano di più dell’esercizio aerobico, suggerendo che camminare, nuotare, correre regolarmente sia anche una strategia efficace per ridurre il declino cognitivo in un mondo in cui l’incidenza della demenza dovrebbe raddoppiare ogni 20 anni con l’invecchiamento della popolazione.
Nello studio, il prof. Aga Burzynskae e il suo team hanno esaminato un campione di 180 anziani sani ma certamente inattivi:
Abbiamo deciso di includere partecipanti sani in modo da poter prima capire cosa fosse ‘più normale’ nell’invecchiamento e applicare ulteriormente queste conoscenze in seguito in altre popolazioni, come quelle con demenza, ha dettoAndrea Mendez Colmenares, studente laureato di Burzynska e primo autore dello studio.
I partecipanti sono stati quindi separati casualmente in gruppi che si sono incontrati tre volte alla settimana nel corso di sei mesi. Un gruppo ha camminato per circa 40 minuti ad ogni sessione. Un altro ha seguito un corso di danza che è diventato progressivamente più difficile nel corso di sei mesi. E il gruppo finale, che ha agito come controllo, si è limitato a esercizi di equilibrio e di stretching che miravano intenzionalmente a mantenere bassa la frequenza cardiaca.
Ogni partecipante è stato sottoposto a una serie di risonanze magnetiche e test cognitivi e cardiorespiratori per valutare gli effetti dell’attività fisica sul cervello. Per misurare il cambiamento della materia bianca nel tempo, il team ha effettuato anche una risonanza magnetica funzionale del cervello dei partecipanti.
In questo modo, il team ha scoperto che i partecipanti ai gruppi di camminate e danza presentavano un aumento della loro sostanza bianca dopo sei mesi di esercizio aerobico. In altre parole, l’attività fisica aveva influenzato positivamente la sostanza bianca del cervello, ma soprattutto nelle regioni più vulnerabili all’invecchiamento, come il corpo calloso e il cingulum, che conferiscono importanti capacità cognitive, come la memoria e la funzione esecutiva. Inoltre, questo gruppo ha avuto un altro vantaggio: una migliore memoria episodica.
Le attività che aumentano davvero la frequenza cardiaca potrebbero essere meglio attrezzate per combattere alcuni effetti collaterali dell’invecchiamento cerebrale, spiegano gli autori.
Anche se saranno necessari altri studi per approfondire questi aspetti, i risultati rafforzano l’idea che la sostanza bianca sia “plastica” e in grado di cambiare anche grazie all’esercizio fisico e allo stile di vita.
Fonti di riferimento: Colorado State University, Neuroimage
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