Secondo un documento norvegese, il Bpa delle turbine eoliche entra nella catena alimentare attraverso le microplastiche
Siamo ormai circondati da inquinanti di ogni tipo che troviamo anche nel cibo e negli oggetti più impensabili. Una ricerca condotta in Norvegia si concentra su possibili contaminazioni causate dall’utilizzo di turbine eoliche, queste rilascerebbero microplastiche in grado di fare da “cavallo di Troia” per pericolosi inquinanti come il bisfenolo A.
L’Agenzia Norvegese per la Protezione dell’Ambiente, Green Warriors of Norway / Norges Miljøvernforbund (NMF), in un documento inviato all’ECHA European Chemicals Agency in risposta alla consultazione sul deterioramento ambientale del bisfenolo A, solleva diverse preoccupazioni. Nello specifico queste riguardano l’aumento dell’uso nelle turbine eoliche di BPA e altre sostanze chimiche che poi possono finire nell’ambiente e nella catena alimentare.
Le turbine, sostiene l’Agenzia norvegese, sono costituite per la maggior parte da fibre di vetro e resina in cui è presente anche BPA, sostanza della cui pericolosità e diffusione abbiamo parlato più volte. Leggi anche: BPA: probabilmente siamo esposti al Bisfenolo A molto più di quanto abbiamo sempre pensato
Il problema che riguarda questi dispositivi per l’energia eolica è che le pale, sottoposte agli eventi atmosferici (soprattutto se posizionate in mare), possono rilasciare microplastiche che, al loro interno, contengono Bisfenolo A.
Generalmente il BPA nell’ambiente si degrada velocemente ma in questo caso le microplastiche lo proteggono e fungono un po’ da “cavallo di troia”, consentendogli di “vivere più a lungo” con rischi che riguardano in particolare gli organismi marini e, di conseguenza, la catena alimentare.
In pratica, i pesci ingerirebbero microplastiche disperse nell’ambiente dalle turbine e che al loro interno racchiudono anche tracce di Bisfenolo A. Durante la digestione, gli acidi liberano il BPA che dunque può penetrare nell’organismo di questi animali.
Uno studio preliminare ha mostrato, nel caso della trota iridea, che il BPA è in grado di provocare danni alla riproduzione per diverse generazioni.
La replica delle aziende che producono turbine eoliche
Alcune aziende si sono esposte sulla questione e, a loro dire, non c’è nessun rischio in merito all’utilizzo di turbine né per quanto riguarda il rilascio di microplastiche né in merito alla presunta possibilità di far entrare BPA nella catena alimentare.
Sigrid Carstairs, membro del consiglio di amministrazione di Swedish Windpower, in merito a queste due questioni ha scritto un post su Linkedin in cui si legge:
Non ci sono attualmente prove scientifiche che offrano un consenso sul fatto che le turbine eoliche aumentino l’inquinamento da microplastiche. Cerchiamo di essere chiari su questo, le turbine eoliche contengono plastica, ma non il tipo di plastica che troveresti nelle microplastiche, che proviene da materiali termoplastici, che si trovano comunemente in acrilico, poliestere, polipropilene, polistirene, nylon e teflon. Le pale delle turbine eoliche sono in realtà realizzate con materiali compositi e costituiscono circa il 70% di fibra di vetro (fatta di sabbia) e il 30% di plastica termoindurente.
E poi aggiunge, citando uno studio condotto presso il parco eolico offshore di Rudong (Cina) che ha studiato l’inquinamento da plastica nelle immediate vicinanze dell’impianto:
I ricercatori hanno scoperto che le microplastiche rilevate nell’area erano principalmente fibrose e consistevano in alcuni granuli e pellicole. In altre parole, queste microplastiche nei campioni molto probabilmente provenivano da indumenti o corde attraverso lo scarico delle acque reflue. Lo studio ha anche scoperto che i campioni raccolti dall’area del parco eolico avevano in realtà una percentuale inferiore di microplastiche rispetto ai campioni raccolti al di fuori dell’area del parco eolico.
Sulla questione del BPA scrive invece:
Le pale della turbina, composte esclusivamente da fibra di vetro, colla epossidica e in alcuni casi fibra di carbonio, sono la parte più esposta all’usura. Da quello che sappiamo attualmente, un massimo di 150 grammi sarà “macinato” da una turbina eolica più grande durante un anno, ed è principalmente vernice che viene versata dalle pale; cioè, particelle polimeriche chimicamente inattive che non rilasciano sostanze chimiche in natura (Norwea, 2021). Quindi, non c’è possibilità che il BPA venga rilasciato dalla vernice.
E continua:
Gli strati esterni di una turbina eolica sono progettati in modo da non contenere colla epossidica, anche se potrebbero esserci tracce. Il motivo per cui si sceglie di non includere la colla epossidica negli strati esterni è dovuto al fatto che sappiamo che è questa parte che viene esposta all’usura dovuta alle intemperie. Tuttavia, anche se ci fosse colla epossidica negli strati esterni della turbina, indovina un po’? La colla Expoxy non contiene affatto BPA. Quello che potrebbe essere un residuo sono tracce microscopiche del processo chimico di produzione della colla epossidica, e in questo processo viene utilizzato il BPA. Quindi il BPA è presente nel processo di produzione, sì, ma non si riscontrano emissioni del materiale in natura poiché il prodotto finale semplicemente non lo contiene (Norwea, 2021). Pertanto, sarebbe molto difficile rilasciare una sostanza che non c’è.
Sulla questione indubbiamente c’è da fare maggiore chiarezza.
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Fonte: The Green Warriors of Norway (NMF)
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