Crataegus Oxyacantha lo chiamavano i greci come sinonimo di forza e resistenza. Queste sono infatti le principali caratteristiche della pianta comunemente detta biancospino: il genere Crataegus della famiglia delle Rosaceae comprende numerose specie che possono vivere fino a ben 150 anni con arbusti dal legno duro e alti fino a 6 metri. Il legno è durissimo, la chioma fitta, i fiori bianchi e i frutti rossi.
Crataegus Oxyacantha lo chiamavano i greci come sinonimo di forza e resistenza. Queste sono infatti le principali caratteristiche della pianta comunemente detta biancospino: il genere Crataegus della famiglia delle Rosaceae comprende numerose specie che possono vivere fino a ben 150 anni con arbusti dal legno duro e alti fino a 6 metri. Il legno è durissimo, la chioma fitta, i fiori bianchi e i frutti rossi.
In antichità era la pianta per eccellenza per proteggere e delimitare le proprietà familiari o i terreni grazie alle sue lunghe spine pungenti. Sembra essere una pianta velata di mistero e di leggenda, nata da un bastone piantato in terra da Giuseppe di Arimatea, santo del Nuovo Testamento. Da qui la sua associazione con il Divino in particolare con la Dea della Primavera e della fertilità.
Il 13 maggio, secondo il calendario degli alberi celtico, si è festeggiato il Giorno del Biancospino, rimedio magico contro ogni negatività. La storia della pianta è legata anche a credenze e superstizioni negative: in Francia si crede che le spine sulla corona di Cristo fossero quelle del biancospino.
Ad alimentare il suo forte simbolismo è stato soprattutto il caratteristico odore amaro dei suoi fiori che i chimici confermano derivare dalla trimetilamina, la stessa componente prodotta dalla decomposizione di piante e animali. Gli insetti che se ne cibano sono gli stessi che visitano i bellissimi fiori del biancospino per impollinarli.
I latini la chiamavano con lo stesso nome con cui indicavano il cuore: Crategone cioè cratere del corpo umano dal quale fuoriesce il sangue che circola e dà vita e energia all’intero organismo.
La sua azione cardioprotettiva è confermata da molti studi clinici : rafforza il cuore regolarizzandone il ritmo e ha un’azione dilatatrice sui vasi coronarici. Inoltre equilibra la pressione del sangue, è in grado di alzarla quando è bassa ed di abbassarla quando è troppo alta. Da qui la sua azione efficace nella cura degli stati di ansia, nervosismo e tachicardia emotiva ma anche contro l’ apatia e la stanchezza. È un ottimo alleato contro l’insonnia e le palpitazioni grazie all’azione sedativa dei tannini e dei flavonoidi contenuti nei fiori e nei frutti del biancospino. Questi composti agiscono sul sistema nervoso centrale migliorando la qualità del sonno e riducendo lo stato di tensione.
Altre proprietà sono la sua azione antiradicalica contro l‘invecchiamento e l’arteriosclerosi. Il biancospino intrappola i radicali liberi e riduce l’accumulo di colesterolo nella parte dei vasi sanguigni. Ha effetti diuretici contro la ritenzione idrica, antidiarroici e in caso di crampi muscolari.
Può essere assunto sotto forma di estratto secco (dai 2 ai 4 opercoli secondo il consiglio del farmacista), in infuso (1 o 2 tazze al giorno specie prima di coricarsi) o in tintura madre (20-40 gocce più volte al giorno). Può essere utilizzato anche come uso esterno, con decotto di frutti e corteccia o infusi di fiori, mediante gargarismi e sciacqui . È utili per le sue proprietà antinfiammatorie sulle mucose della bocca e sulle gengive.
Rari i suoi effetti collaterali : va usato comunque con prudenza nei soggetti che soffrono di bradicardia e di ulcera peptica. Né in gravidanza e né in allattamento. Può interferire con i beta-bloccanti e amplifica l’effetto della digitale (Digitalis purpurea, pianta erbacea biennale) sul cuore. Ma per saperne di più è sempre bene consultare il parere di un medico esperto o di un naturopata, sia mai che si rinnovi in noi la stessa commozione che descriveva Marcel Proust nell’ammirare il trionfo di una siepe di biancospino in fiore: “Qui e là si aprivano le loro corolle con una grazia spensierata, trattenendo negligentemente, in un ultimo, vaporoso alone il mazzo degli stami, che le velavano di una nebbia […] ” (Dalla parte di Swann – Alla ricerca del tempo perduto).
Michela Silvestri