Autismo: si può diagnosticare fin dai 6 mesi con la risonanza magnetica

È possibile diagnosticare l'autismo fin dai 6 mesi di vita di un bambino grazie a una semplice risonanza. Ancor prima della comparsa dei sintomi, che di solito si presentano attorno ai 2 anni, si può prevedere se un bambino soffrirà di autismo

È possibile diagnosticare l’autismo fin dai 6 mesi di vita di un bambino grazie a una semplice risonanza. Ancor prima della comparsa dei sintomi, che di solito si presentano attorno ai 2 anni, si può prevedere se un bambino soffrirà di autismo.

La risonanza infatti mostra le differenti connessioni tra le aree cerebrali dei bimbi che svilupperanno l’autismo rispetto a quelli che invece non si ammaleranno. È quanto emerge da una ricerca condotta dagli scienziati della North Carolina University di Chapel Hill. I ricercatori infatti hanno visto che alcune aree del cervello sono collegate e sincronizzate in un certo modo e ciò permette di prevedere quali sono i bambini a rischio elevato di sviluppare l’autismo.

Le caratteristiche tipiche dell’autismo, ossia la compromissione dell’interazione sociale e da deficit della comunicazione verbale e non verbale e i comportamenti ripetitivi, si notano attorno ai due anni.

A capo dello studio Joseph Piven, professore di Psichiatria all’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill

Piven ed i suoi collaboratori hanno utilizzato la risonanza magnetica (fMRI) per esaminare l’attività cerebrale nel sonno di 59 bambini, tutti con un fratello maggiore autistico.

Hanno poi misurato il grado di attività sincrona tra 26.335 paia di regioni del cervello. Le regioni che sono attive insieme sono considerate fortemente connesse. Quando i bambini hanno compiuto i 2 anni, i genitori hanno compilato questionari sui loro comportamenti ripetitivi. I ricercatori hanno valutato le abilità linguistiche dei bambini, le abilità motorie e quelle sociali e di comunicazione: 11 dei 59 bambini presentavano autismo.

Questi bambini, a differenza degli altri, già a sei mesi di vita avevano numerose differenze nelle connessioni nervose tra 230 aree osservate con la risonanza.

Sapere quali neonati hanno maggiori probabilità di avere l’autismo consentirà ai medici di avviarli a una terapia comportamentale che potrà aiutarli a gestire i sintomi.

“Più capiamo il cervello prima che i sintomi compaiono, meglio saremo preparati ad aiutare i bambini e le loro famiglie” spiega Joseph Piven.

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La scoperta dovrà essere replicata prima che possa essere utilizzata clinicamente ma i ricercatori sono stati quasi unanimi nel dire che lo studio potrebbe essere importante per la diagnosi precoce dell’autismo.

La ricerca è stata pubblicata su Science Translational Medicine.

Francesca Mancuso

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