Alzheimer: gli scienziati hanno capito come “frigge il cervello” provocando il surriscaldamento delle cellule cerebrali

Un team di ricerca ha riscontrato un legame tra lo sviluppo di calore intracellulare e l'aggregazione di proteine, che è un fenomeno cruciale nella degenerazione di una malattia come l'Alzheimer. Questa scoperta apre nuove prospettive nello studio della malattia.

Un nuovo studio con un focus sulla temperatura intracellulare nel cervello ha dato una svolta per la ricerca sull’Alzheimer.

Alcune malattie sono molto complesse da studiare, rendendo difficile se non impossibile individuare le cause e le eventuali cure. L’Alzheimer è una di queste: la ricerca purtroppo non può avvantaggiarsi con la raccolta di campioni fintanto che il paziente è in vita. Per questo, si è sempre alla ricerca di un nuovo metodo per individuare questa malattia neurodegenerativa anche nel caso in cui il paziente risulti asintomatico.

Con questo recente studio, si è cercato di aggirare il problema della raccolta di campioni sfruttando la somiglianza tra l’Alzhimer e alcuni casi di metastasi, data la somiglianza tra l’inizio di queste due patologie e riconoscendo in entrambi la presenza di un aumento di calore a livello intracellulare. Il team di ricercatori e ricercatrici ha notato che questo aumento di temperatura può essere collegato ad uno stress a livello cellulare.

Per capire come un aumento di temperatura sia collegato allo sviluppo dell’Alzheimer, è utile capire cosa succede nel cervello di chi soffre per questa malattia. In poche parole, ci sono due proteine – la tau e le beta-amiloide –  che formano delle versioni aberranti di loro stesse. Da qui si formano delle fibrille che si aggregano e causano la morte delle cellule cerebrali. I risultati tristemente noti sono

  •  perdita di memoria
  • cambio di personalità
  •  difficoltà a portare a termine le attività di tutti i giorni.

Grazie all’utilizzo di termometri in grado di registrare anche dei cambiamenti minimi, è stato notato che nel momento in cui le fibrille si aggregano, si verifica una termogenesi, ovvero un aumento di temperatura dovuto all’aggregazione delle proteine.

Alzheimer: gli scienziati hanno capito come "frigge il cervello" provocando il surriscaldamento delle cellule cerebrali

© J. Am. Chem. Soc. 2022, 144, 22, 10034-10041

La correlazione tra aumento di temperatura e aggregazione delle proteine è stato semplificato con una metafora accessibile a tutti proprio dalla dottoressa Kaminski Schierle, che ha guidato lo studio:

 Surriscaldare una cellula è come friggere un uovo – mentre si riscalda, le proteine iniziano ad aggregarsi e diventano non-funzionanti.  L’aggregazione della beta-amiloide ha bisogno di molta energia per iniziare, ma una volta iniziato, il processo accelera rilasciando sempre più calore, favorendo ulteriormente l’aggregazione.

Studiando questa reazione in vitro, il team ha potuto sperimentare un nuovo farmaco che potrebbe combattere l’Alzheimer. L’MJ040 inibisce l’aggregazione della bet-amiloide e quindi combatte direttamente la degenerazione della malattia. Questa scoperta ha aiutato la comunità scientifica a stabilire più chiaramente una correlazione tra la fibrillazione e la termogenesi, aprendo nuove prospettive entusiasmanti per gli studiosi e le studiose.

Ciò nonostante, l’MJ040 resta un farmaco che può essere somministrato solo quando l’Alzheimer è già attivo e quindi non può prevenire, ma solo curare. A questo si aggiunge il fatto che ci vorranno ancora molti test di laboratorio prima di poterla commercializare per un uso più esteso.

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