Scoppia un focolaio di Trichinellosi nel Foggiano: ecco tutto quello che c'è da sapere sull'infezione che si contrae consumando carne cruda o poco cotta di cinghiali e altri animali e, in rari casi, può essere anche fatale
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Negli ultimi giorni sono saliti a 10 i casi di Trichinellosi in Puglia: 5 sono quelli confermati, mentre altri altri cinque sono da accertare. L’allarme legato all’infezione è partito da San Marco in Lamis, piccolo comune della provincia di Foggia, e ha acceso i riflettori su una zoonosi ancora sconosciuta a tanti.
Le persone che sono state infettate dal parassita, fortunatamente, non sono in gravi condizioni e si stanno curando a casa grazie a una terapia farmacologica. Ma in cosa consiste la Trichinellosi? E perché questa vicenda ha riaperto il dibattito sulla caccia in Italia? Facciamo chiarezza.
Cos’è la Trichinellosi e come si trasmette
La Trichinellosi – nota anche come trichinosi – è una zoonosi provocata da vermi cilindrici (nematodi) appartenenti al genere Trichinella. Si tratta un parassita che nella fase iniziale colpisce l’intestino per poi dare origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli, dove poi si incistano. Putroppo le larve all’interno delle cellule nutrici riescono a sopravvivere anche per anni sia nell’uomo che negli animali, in attesa di essere ingerite da un nuovo ospite.
Il ciclo vitale della Trichinella è mantenuto da animali che vengono nutriti (ad esempio maiali o cavalli) o che mangiano (fra cui orsi, volpi, e cinghiali) altri animali, i cui muscoli sono infestati dalle larve.
Per quanto riguarda l’uomo, la trasmissione avviene consumando carne cruda o poco cotta o lavorata o lavorando la carne di animali infettati, solitamente maiali e cinghiali. Le larve vengono liberate nell’intestino tenue, penetrano la mucosa e poi diventano adulte nell’arco di una settimana. Tuttavia, la Trichinosi non si trasmette da persona a persona.
I sintomi e la cura
Negli esseri umani il quadro clinico varia dalle infezioni asintomatiche a casi particolarmente gravi e in alcuni casi può portare alla morte. Fra i sintomi più comuni troviamo:
- diarrea
- dolori muscolari
- debolezza
- sudorazione
- edemi alle palpebre superiori
- fotofobia
- febbre
Per quanto concerne la diagnosi, l’infezione viene suggerita dalla presenza di marcata eosinofilia, leucocitosi, aumento degli enzimi muscolari (Cpk) e confermata attraverso esami sierologici, o biopsia muscolare positiva per Trichinella.
In caso di Trichinellosi, l’OMS raccomanda il trattamento con un antielmintico (ad esempio il mebendazolo o il pirantel) associato ad un anti-infiammatorio da iniziare al più presto dopo aver avuto la diagnosi.
Perché la caccia è un fattore di rischio
Mentre proseguono le indagini da parte degli esperti dell’Asl di Foggia, l’ipotesi più accreditata è che le persone colpite da Trichinellosi abbiano contratto l’infezione consumando carne di cinghiale non controllata e infestata dal parassita, proveniente da una battuta di caccia.
L’episodio è destinato a ripetersi a causa dell’attività venatoria e di prelievo di fauna selvatica, anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto, consentita da una famigerata norma della ultima legge di Bilancio la quale prevede anche che gli animali uccisi si possano mangiare. – denuncia Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, prima firmataria dell’interrogazione presentata ai ministri della Salute e dell’Agricoltura sull’accaduto – Abbiamo appreso dal sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura Luigi D’Eramo che il Governo sta predisponendo il Piano quinquennale per dare impulso alla caccia alla fauna selvatica ma, a nostro avviso, dovrebbe immediatamente sospendere l’attività venatoria e il consumo di carni di animali selvatici.
Come prevenire l’infezione
Abbiamo visto, dunque, che coloro che praticano l’attività venatoria o maneggiano carni crude sono più esposti al rischio di contrarre la Trichinellosi.
L’infezione può essere prevenuta osservando le seguenti misure igienico-sanitarie indicate dall’Istituto Superiore di Sanità:
- la carne va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore (è sufficiente 1 minuto a 65°C). Il colore della carne deve virare dal rosa al bruno
- la selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati da un veterinario per determinare l’eventuale presenza delle larve del parassita nelle carni
- se non è noto se la carne è stata sottoposta a esame trichinoscopico, è bene congelarla per almeno 1 mese a -15°C: un congelamento prolungato, infatti, uccide le larve
- nel caso si allevino maiali, impedire che mangino la carne cruda di animali, anche ratti, che potrebbero essere stati infestati dal parassita
- quando si macella la propria carne in casa, pulire bene gli strumenti
- salatura, essiccamento, affumicamento e cottura nel forno a microonde della carne non assicurano l’uccisione del parassita
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Fonti: ISS/Ministero della Salute/Ansa
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